Mangimi sicuri per alimenti sicuri. È lo slogan lanciato dall’Assalzoo (l’associazione nazionale tra i produttori di alimenti zootecnici) che ieri, nell’annuale assemblea, ha illustrato il bilancio 2015 e le prospettive 2016. La produzione 2015, nonostante la pesante crisi del settore zootecnico, ha segnato un incremento dell’1,4% rispetto all’anno precedente raggiungendo quota 14,2 milioni di tonnellate.
Un segnale positivo che conferma il ricorso crescente ai mangimi industriali. Il “menu fai date te” in stalla infatti non garantisce gli standard di sicurezza e non preserva dai rischi, come quello delle aflatossine del mais. «La mangimistica italiana – ha spiegato il presidente di Assalzoo, Alberto Allodi- si conferma all’avanguardia per capacità di produzione e qualità di prodotto nonostante la cronica dipendenza dall’approvvigionamento di materie prime di importazione. In prima linea anche sul fronte della sostenibilità per la capacità di trasformare gli sprechi alimentari. Ogni anno l’industria mangimistica ricicla coprodotti dell’industria alimentare per un valore di 300 milioni, mentre altri prodotti arrivano dalle industrie molitoria, per 400 milioni, e olearia per 2 miliardi. Siamo pronti per l’economia circolare».
I conti economici dell’industria però non viaggiano nella stessa direzione: da 6,3 miliardi del 2014 il giro d’affari è calato a 5,8 miliardi (-8%) per effetto della flessione dei prezzi delle materie prime, in particolare cereali e derivati proteici, che in automatico si riflette su quello dei mangimi e anche per la riduzione dei margini di molte aziende a favore degli allevatori in difficoltà.
I prezzi alla produzione si sono ridotti del 9%, mentre il costo del lavoro è cresciuto dell’1,3% (occupati stabili a quota 8.500). In crescita export e import, con un saldo commerciale negativo per 205 milioni, in sensibile miglioramento per il balzo del 20% delle vendite estere. Secondo le stime di Assalzoo il settore nel 2016 dovrebbe rimanere stabile. «Non ci aspettiamo ulteriori contrazioni – ha detto Allodi – perché le nostre industrie hanno già scontato le crisi di mercato, inoltre non ritengo che ci saranno ulteriori fluttuazioni dei prezzi delle commodity agricole. Resta da fronteggiare il calo dei consumi e la pesante situazione del latte».
E sarà ancora una volta il comparto avicolo, che assorbe oltre il 40% della produzione, il motore, una conferma per i suini, mentre resta critica la domanda delle stalle da latte (-3,5%). Sotto accusa, nel corso della tavola rotonda con il presidente di Federalimentare, Luigi Scordamaglia, gli attacchi alle carni e all’industria alimentare in genere. Secondo Scordamaglia si tratta «del virus anti-industria», dimenticando che è «l’industria alimentare ad aver fatto grande il made in Italy», confermato dall’esplosione dell’Italian sounding (negli Usa un valore di 27 miliardi contro i 3 miliardi di export di veri prodotti italiani). Scordamaglia ha ricordato il grave danno provocato dall’attacco dell’Oms alle carni rosse (20 milioni solo per il gruppo Cremonini). Quanto alle terapie è stata rilanciata la necessità di una strategia di filiera e di una maggiore comunicazione della qualità delle carni. In primo piano la querelle sull’etichetta. Il presidente di Federalimentare ha dichiarato di essere pronto a dire sì a un’indicazione della materia prima nei salumi e nei prodotti lattiero caseari ma nel quadro di un regolamento Ue che garantisca una trasparenza valida per tutti.
Annamaria Capparelli – Il Sole 24 Ore – 28 maggio 2016