Nei corridoi di palazzo,a Roma, si scherza sulle «cinquanta sfumature di giallo» del Veneto. Ma battute sulle nuances a parte, la zona «Gialla plus», vale a dire quel mix nato dalla collocazione in fascia gialla (nazionale) e di ordinanza (regionale) fa del Veneto un caso anche sotto il profilo dei ristori.
Facciamo un passo indietro. Il presidente della Regione, Luca Zaia si è battuto per acquisire, per la sua ordinanza, l’intesa del ministero della Salute. Perché? Perché, ha spiegato a suo tempo e ha ribadito anche ieri, «così si dovrebbero agganciare i ristori nazionali». Traduciamo: con l’ordinanza regionale, i bar, ad esempio, hanno un vincolo in più: l’obbligo di consumare esclusivamente da seduti dalle 15 alle 18. E poi, ancora, i centri commerciali, ma anche le superfici di vendita medie e grandi in generale, sono chiuse nel week end. La domenica, infine, a parte i negozi essenziali, gli altri restano chiusi. Queste ulteriori restrizioni rispetto alla «zona gialla semplice» hanno una ricaduta negativa sui registratori di cassa che, nello schema pensato dalla Regione, va ristorata ulteriormente. «Capiamoci – ha detto ieri Zaia – le nostre restrizioni significano meno assembramenti, meno contagi e quindi meno spese sul sistema sanitario. Mi pare logico che vadano ristorate le attività che si sacrificano. Anche perché, viceversa, se il governo non la pensasse così passerebbe il concetto che le chiusure decise da Roma si ristorano e quelle decise dalle Regioni no. Sarebbe una negazione subdola e strisciante dell’autonomia che ci viene concessa nel decidere nuovi giri di vite».
Una bordata che cade nel giorno in cui lo stesso presidente del consiglio Giuseppe Conte annuncia: «Ci rendiamo conto che quanto sin qui fatto non è sufficiente. Si sta ragionando su nuovi incentivi». Nel frattempo, Zaia sottolinea che «sui ristori ci sono notizie in contrapposizione, chi ha avuto e chi non ha avuto nulla, servirebbe una contabilità ufficiale e la può fare solo il governo. Auspico che il governo dia informazioni su chi ha avuto queste risorse. L’ordinanza di Veneto, Emilia Romagna e Friuli Venezia Giulia ha l’intesa del Ministro della Salute e impegna il governo sui ristori. Sarebbe imbarazzante che ci fosse un ristoro solo per le misure attivate a livello nazionale. Penso che il governo dovrà assumere decisioni nei prossimi provvedimenti».
Dal Mef ricordano che il decreto Ristori bis attua erogazioni «graduate». Per i bar, ad esempio, il ristoro (automatico per chi già lo chiese col primo decreto Ristori) è del 150% per chi è in zona gialla e del 250% per chi è in fascia arancio o rossa (i locali in questi due casi sono chiusi del tutto). «Non c’entra assolutamente l’autonomia – risponde il veneziano Pier Paolo Baretta, sottosegretario dem all’Economia – e lo schema di divisione per fasce l’abbiamo costruito insieme alle Regioni. Detto questo, come calcolare l’effetto di scoraggiamento fra gli avventori per l’obbligo di consumare solo seduti? Un calcolo di quello che potrebbe essere le conseguenze lo potrebbe fare la Regione… Nel momento in cui pone questo problema, proponga anche una valutazioni di merito su come valutare, si stimi il dato». Il principio dei ristori, spiega Baretta, è quello del «criterio prevalente». «Si è scelta come priorità inequivocabile di partire con i ristori dalle attività completamente chiuse – aggiunge -dando priorità alle zone rosse. Fortunatamente il Veneto si trova in una zona gialla e bisogna tener conto di questa differenza. Ciò detto, è del tutto evidente che la semplice applicazione di misure di ristoro solo a chi ha chiuso per decisione del governo è insufficiente. Penso alle attività virtualmente aperte ma completamente ferme come gli alberghi o chi organizza eventi. Posso assicurare che è un tema presente nella discussione in seno al governo come dimostrano le dichiarazioni del premier».
A fornire i numeri del dl Ristori in Veneto è Alessia Rotta, presidente della commissione Ambiente alla Camera (Pd): «Oltre 87 milioni a fondo perduto subito nei conti correnti delle attività del Veneto vale a dire aiuti a 17 mila attività per un importo medio di 4.882 euro. Una risposta concreta ai tanti imprenditori che stanno vivendo un momento di grande difficoltà a causa delle nuove misure per contenere la pandemia». Intanto, il senatore Udc Antonio De Poli attacca: «Il Veneto non è una regione di serie B, sui ristori è essenziale che il governo faccia la sua parte e, quindi, siamo in piena sintonia con le richieste di Zaia». A proposito di economia e di commercio, infine, Patrizio Bertin, Confcommercio Veneto, si scaglia contro il professor Massimo Galli del «Luigi Sacco» di Milano, «reo» di aver caldeggiato lo shopping natalizio online. All’indomani della campagna lanciata da Confcommercio a favore dei negozi di vicinato, Bertin tuona: «Nel prossimo Dpcm vietassero ai virologi di parlare di economia».
Il Corriere del VEneto