La questione non è consigliare alle donne latinoamericane di evitare la gravidanza ma il suo esatto contrario: consentire una maternità responsabile e, nel caso di donne incinte contagiate dal virus Zika, liberalizzare la possibilità di abortire. Di fronte all’epidemia che continua a estendersi, e ai centinaia di casi di donne in gravidanza che rischiano di partorire neonati affetti da microcefalia – la dimensione ridotta del cranio -, l’Onu strappa il velo su uno dei grandi problemi del Sud del mondo dove l’accesso ai metodi contraccettivi è spesso negato e l’interruzione della gravidanza proibita e, a volte, severamente punita.
«I Paesi coinvolti nell’epidemia del virus Zika devono autorizzare la contraccezione e l’aborto », ha detto ieri nel suo appello l’Alto commissario per i diritti umani dell’Onu, Zeid Raad al Husseini, aggiungendo che: «Le leggi e le politiche che restringono l’acceso ai servizi di salute sessuale e riproduttiva devono essere riviste con urgenza, allineandosi agli obblighi internazionali sui diritti umani per garantire il diritto alla salute per tutti».
L’affondo dell’Onu sulla necessità di permettere alle donne incinte contagiate di abortire apre uno scontro ideologico religioso in una delle regioni più cattoliche del mondo dove la maggior parte dei governi hanno, negli ultimi anni, evitato di affrontare la questione, rinviandola. Secondo l’Organizzazione mondiale della Sanità nei Paesi dell’America Latina e dei Caraibi ci sono più di 4 milioni di aborti clandestini ogni anno. Ma in quasi tutti i Paesi tranne Cuba e Uruguay – l’interruzione della gravidanza è permessa in pochissimi casi. Come risponderanno ora davanti all’emergenza – in Brasile ci sono quasi 5mila casi sospetti di neonati con microcefalia che potrebbero essere legati al virus sia la Chiesa che i governi non si sa ma è evidente che si tratta di una sfida per la salute che mette tutti in difficoltà.
La Colombia ieri ha ammesso 20mila casi di persone contagiate dal virus Zika. Più di 2mila a Barranquilla, la città caraibica di Shakira e García Márquez, dove quasi trecento sono donne in gravidanza. Sempre in Colombia ci state le prime vittime, tre persone che dopo l’infezione sono state colpite dalla sindrome di Guillan-Barré. Ma l’epidemia scende verso sud. Tre casi sono stati registrati in Bolivia, a Santa Cruz, mentre nella capitale La Paz è stato varato un piano d’emergenza contro le zanzare che trasmettono il virus. Quello che preoccupa di più adesso sono le forme di trasmissione del virus. Una fondazione scientifica vicina al Ministero della Salute brasiliano avrebbe trovato evidenze di possibilità di trasmissione del virus anche attraverso saliva e urina.
Nove, infine, sono i casi finora registrati in Italia ma sempre di persone che hanno contratto il virus nei Paesi dell’America Latina. Il quarto in Veneto è stato accertato ieri, mentre l’ultimo è a Roma, di una persona appena rientrata dal Brasile e visitata allo Spallanzani.
Repubblica – 6 febbraio 2016