Agevolare l’apertura di un conto corrente da parte degli anziani che attualmente riscuotono la pensione in contanti e che dal prossimo sette marzo se la vedranno accreditare con strumenti di pagamento elettronici, se l’importo è superiore ai mille euro.
Questo obiettivo, contenuto nel decreto salva-Italia e poi confermato in quello dedicato alle liberalizzazioni, è ora al centro del lavoro parlamentare per la conversione proprio di quest’ultimo provvedimento. L’accordo politico raggiunto tra Pd, Pdl e Terzo Polo prevede però una novità ancora più drastica, la gratuità dell’apertura e della gestione del conto corrente per i pensionati con reddito fino a 1.500 euro.
Un emendamento che prevede questa soglia è stato presentato dal senatore Ghigo a nome del Pdl, con valenza assolutamente generale: si parla di «conti correnti di qualunque genere». Ora sulla norma si dovrà pronunciare il governo. Questa formulazione è molto più ampia di quella originaria. In base alle regole attualmente in vigore le banche insieme a Poste italiane, ministero dell’Economia e alla Banca d’Italia avrebbero dovuto definire in un’apposita convenzione le caratteristiche di un conto corrente di base, esente dalle spese di bollo ed offerto senza spese a «fasce socialmente svantaggiate di clientela». Dunque non a tutti. All’inizio dell’anno l’Inps ha inviato una lettera ai propri pensionati che devono adeguarsi alla nuova forma di pagamento, circa 450 mila persone.
Molti di più sono gli attuali titolari di conto corrente con reddito da pensione fino a 1.500 euro. Così come è scritta, la norma dovrebbe riguardare tutti, indipendentemente dalla tipologia più o meno complessa di conto e dalla situazione patrimoniale. Dunque probabilmente il punto di arrivo finale sarà diverso.
L’altro tema, connesso al primo, affrontato nello stesso articolo del decreto liberalizzazioni, riguarda i costi dei pagamenti elettronici. Anche qui c’è un’intesa di massima tra le forze politiche, recepita dai due relatori Simona Vicari (Pdl) e Filippo Bubbico (Pd), per esplicitare la necessità di una riduzione. Altri punti di accordo, nel settore bancario e assicurativo, riguardano la portabilità dei mutui, il divieto per le banche di vendere al cliente un proprio prodotto assicurativo quando viene concesso un mutuo ed una ulteriore stretta sugli incroci di poltrone nei consigli di amministrazione, estesa a quelli delle fondazioni bancarie.
Naturalmente su tutti questi aspetti occorrerà attendere il pronunciamento del governo. Anche sulla separazione tra Eni e Snam sembra essersi delineata una posizione comune, che prevede la discesa graduale del colosso energetico dall’attuale quota del 52,53 per cento al 5 previsto dalla normativa europea.
Ci sono poi altri temi su cui la partita è ancora aperta. Ad esempio quello delle professioni, sul quale esiste una forte offensiva della categoria degli avvocati contro le norme inserite dal governo nel decreto, a partire dalla cancellazione delle tariffe minime. Un altro punto sul cui ci sono forti proteste è quello delle tesorerie degli enti locali. Questi infatti in base al testo approvato dal governo dovranno versare al ministero dell’Economia la propria liquidità attualmente parcheggiata presso le banche. Contro questa prospettiva sono insorti i Comuni ma si stanno facendo sentire anche gli istituti di credito che se le cose restassero così si vedrebbero portare via risorse per 8,6 miliardi.
il NMessaggero – 19 febbraio 2012