Negli ultimi due anni, il professor Andrea Crisanti, direttore del dipartimento di medicina molecolare dell’Università di Padova, è stato consultato a più riprese come uno dei massimi esperti sul tema della pandemia. Nel frattempo, all’interno del laboratorio che guidava, il suo team di ricercatori ha provato a vincere la sfida tra uomo e malaria, studiando un vettore di virus complesso come la zanzara. Insetto di cui, negli ultimi giorni, si è tornato a parlare a proposito dell’arrivo in Italia dell’Aedes koreicus , meglio nota come zanzara coreana. Una zanzara che non teme il freddo ed è capace di riprodursi molto frequentemente, diventando difficile da debellare.
In Italia era già stata segnalata nel 2011, in provincia di Belluno. Ora preoccupa la presenza di questa zanzara in Lombardia. Professor Crisanti, si può parlare di invasione?
«Difficile dirlo perché nessuno ha fatto analisi generiche o verificato la complessità della popolazione della zanzara coreana. In passato si era registrata una presenza sporadica, ma negli anni si è verificato un processo di selezione, che ha portato alcuni tipi di zanzare, particolarmente adatti al clima e all’ambiente italiano, ad avvantaggiarsi.Possiamo far affidamento su ciò che vediamo, e dire che questo insetto ha espanso il suo areale. È sicuramente una cosa preoccupante, anche perché è una zanzara del gruppo Aedes , ovvero è potenzialmente in grado di trasmettere virus».
Di quali virus può essere vettore?
«Di encefaliti virali equine o encefaliti giapponesi, virus portati da animali, ma che in Italia non ci sono al momento. Occasionalmente può essere vettore non principale di altre malattie, come tenge e febbre gialla».
Cosa rischiamo?
«Al momento nulla, perché in Italia non esiste un tipo di virus degli animali che possa sfruttare questa zanzara come vettore, fortunatamente. Ma non è detto che la situazione resti invariata».
Cosa distingue la zanzara coreana da altri tipi?
«Si sa con certezza che ha una capacità riproduttiva molto elevata e allo stesso tempo è in grado di resistere relativamente bene ai climi freddi, anche se durante l’inverno ha una capacità riproduttiva molto minore».
Qual è il suo habitat?
«Ogni zanzara ha un proprio habitat. Le zanzare che trasmettevano la malaria in Italia avevano bisogno di habitat ecologici praticamente incontaminati, le zanzare tigri hanno invece necessità di un contesto creato dall’uomo, come riserve d’acqua urbane. La coreana, di base, segue la zanzara tigre come habitat, ovvero preferisce ambienti abitabili. Ma questo dato potrebbe rivelarsi parziale».
Fino a che temperature e altitudini è in grado di sopravvivere?
«Non ama in genere altitudini elevate, quindi non la troveremo in montagna d’inverno. Può sopravvivere anche con la neve, come fanno altri tipi di zanzare, abituate a vivere in climi freddi solo sotto forma di uova. Basti pensare alla Lapponia, infestata da zanzare, le cui uova sopravvivono sotto la neve. Le coreane, invece, sopravvivono al freddo anche in forma di ciclo riproduttivo di adulti».
A cosa è dovuta la crescita di popolazione di zanzara coreana?
«Dobbiamo tenere in conto che le zanzare sono in competizione tra loro, quindi può essere che, se in Lombardia la loro presenza è aumentata notevolmente, è perché abbiamo cercato di eliminare la zanzara tigre e questo ha generato uno spazio per la coreana».
La zanzara coreana può diventare «endemica»?
«Certo. Ma ci vuole ancora tempo per stabilirlo. Bisognerà verificare se la coreana e la tigre sono mutualmente esclusive. Ovvero se sono simpatriche, che risiedono nello stesso areale ecologico. E poi sappiamo che sono in grado di sopravvivere al freddo, ma non sappiamo se sono ugualmente capaci di sopportare il caldo. Dobbiamo acquisire dati».
Il suo team di ricercatori ha messo a punto un metodo per sterilizzare i vettori di virus come la malaria. Potrebbe essere applicato anche a questa zanzara?
«Le strategie che abbiamo messo a punto si adattano a qualsiasi tipologia di insetto vettore, quindi sicuramente anche questo tipo di zanzara».
Crozza si è calato nei suoi panni nella puntata di Fratelli di Crozza andata in onda sabato sera. Il Crisanti crozziano esce da un pozzo, come la bambina di «The Ring», dove sta studiando la zanzara coreana. L’ha fatta ridere?
«Non ho visto l’imitazione, ma in tanti me ne hanno parlato (ride, ndr). Vengo imitato come un ricercatore con l’attitudine da Indiana Jones, ma io sono molto più un ricercatore da laboratorio».
Cambiando argomento, e parlando del coronavirus, sembra che si vada verso l’introduzione della terza dose per tutti. Una misura necessaria?
«La terza dose serve, altrimenti rischiamo la stessa situazione dell’Inghilterra, in cui i casi sono schizzati vertiginosamente verso l’alto. E non è vero che, anche se ci sono più contagi, non ci sono decessi. Purtroppo muoiono anche persone vaccinate, fragili e anziane che hanno visto diminuire la protezione del vaccino dopo sei o sette mesi. Se vogliamo proteggere le persone, mantenendo lo stesso stile di vita di adesso, dobbiamo farci la terza dose. Speriamo sia l’ultima».
Corriere del Veneto