Sotto osservazione non solo Schiavonia, ma tutti i project della sanità regionale. Lo spiega il governatore del Veneto Luca Zaia che si trova oggi a dover gestire una pesantissima eredità di epoca galaniana, i contratti di finanza-progetto diventati onerosissimi per le casse pubbliche e antistorici, contrastanti con le disposizioni della spending rewiev dettate all’epoca del governo Monti. Accordi nati in un contesto economico, ma anche politico, completamente diverso da quello attuale, blindati per i privati e ora difficilissimi da rinegoziare per il pubblico, se non a rischio di un contenzioso. D’altra parte lasciarli così come sono, con costi in continua crescita (mentre c’è la deflazione) che prosciugano i bilanci delle aziende sanitarie, significa incappare nelle sanzioni della Corte dei Conti.
La via d’uscita non è facile e quanto sta succedendo per l’ospedale di Schiavonia – con un pool di esperti in materia contabile e legale impegnati a studiare la possibile revisione del contratto senza incorrere nella conflittualità che ha accompagnato la riscrittura del project dell’Angelo – potrebbe diventare un caso pilota. Un modello da applicare ad altri project: l’ampliamento del Policlinico Borgo Roma e dell’ospedale civile Borgo Trento a Verona, la Cittadella della Salute a Treviso, il Santorso di Vicenza, i nuovi poli tecnologici di Cittadella e Camposampiero, l’ospedale di Castelfranco e Montebelluna, la costruzione del nuovo padiglione a Venezia. Un indebitamento che impegna i veneti per diversi decenni e per oltre 1 miliardo di euro.
Governatore Zaia, i project della sanità stanno diventando un problema per le casse regionali. I veneti sono indebitati per 1,2 miliardi.
«Premesso che il Veneto chiude il bilancio in attivo, va detto che sì, io ho posto da subito la questione dei project. Però voglio fare una precisazione: il problema non è lo strumento in sé».
Nel senso che il project è una formula da salvare?
«Ciò che intendo è che non è lo strumento a rendere l’uomo ladro, ma è l’uomo ad approfittare dello strumento. I project sono una formula mutuata dai Paesi anglosassoni e previsti dalle norme nazionali; essi permettono a un ente pubblico di performare rapidamente (l’ospedale di Schiavonia è stato costruito in soli 4 anni, ndr) e al privato di guadagnare sui canoni ed eventualmente sui servizi. Per certi versi è simile a un contratto di leasing. Dopodiché lo dicono le cronache che, in alcuni casi, lo strumento è stato usato per giochi poco chiari».
Il punto sono i costi che lievi tano: a Schiavonia il tasso di revisione è del 3% annuo tanto che U collegio sindacale ha richiamato l’Usi 6 su tale aspetto.
«Stiamo parlando di scelte fatte in anni passati, con un mercato finanziario completamente diverso, quando i cittadini contraevano mutui a tassi del 4-5% per comprare casa. Insomma, era un mondo che non esiste più. E oggi ci troviamo con costi finanziari fuori mercato e con i rischi in pancia al committente».
Canoni alti e rischi a carico del pubblico: cosa fa la Regione?
«Mi sono mosso da subito parlando di rinegoziazione. Il problema è che c’è un contratto civilistico di mezzo. È un argomento che affronto sempre quando vado in Corte dei Conti; ne ho parlato anche con Monti, Delrio, Cantone il quale ha capito subito la questione. Il fatto è che nel nuovo Codice degli Appalti non è stata inserita una norma che avrebbe protetto chi andava a rinegoziare».
Una norma di tutela per gli enti pubblici?
«Sì. Se ci fosse una norma nazionale di tutela per l’ente pubblico che va alla rinegoziazione, allora, si potrebbe affrontare lo scontro legale con il privato senza timore di incorrere nel danno erariale. Oppure si potrebbe andare alla Bei, liquidare il privato e pagare la rata alla Banca europea. Sarebbe una norma a costo zero per lo Stato, purtroppo pero non è stata prevista. Col risultato che noi restiamo ostaggio di contratti vecchi. Contratti che per altro sono cedibili, nel senso che possono essere venduti e noi trovarci di fronte a cambi societari. Ecco, si rende necessario un intervento del governo per l’introduzione di una norma autorizzatoria e protettiva. E questo non solo per il Veneto».
In attesa del governo la Regione rischia il richiamo della Corte dei Conti, come è successo per l’ospedale All’Angelo, per i canoni troppo alti. Quindi?
«Quindi stiamo guardando i project anche in controluce, ma serve un minimo di disponibilità dei privati. Per questo cerchiamo la via del dialogo; non possiamo certo andare a dire che gli accordi non valgono nulla».
Sotto esame Schiavonia e anche gli altri project?
«Tutti sono sotto osservazione e devono essere monitorati. E se c’è qualche privato disposto a transare, noi valuteremo le proposte».
SINIGAGLIA (PD) «SIA L’AZIENDA ZERO A RIFARE GLI ACCORDI»
Sia l’Azienda Zero a prendere in mano tutti i project portandone avanti la rinegoziazione. La proposta è del consigliere regionale del Pd e componente della V Commissione Sanità Claudio Sinigaglia a fronte dell’Ipotesi di revisione del contratto per l’ospedale di Schiavonia. «In tal modo avrebbe maggiore forza contrattuale e garantirebbe risparmi significativi», spiega Sinigaglia. Il project dell’ospedale della Bassa Padovana incide, nel bilancio di previsione 2017, per 28 milioni. Esso è stato stipulato nel 2009 con il raggruppamento di imprese Euganea, capitanto da Sacaim e ha permesso la costruzione dell’ospedale in 4 anni, con inaugurazione nel novembre 2014 e costo pari a 165 milioni (di cui circa 65 a carico del privato).
Il Mattino di Padova – 19 aprile 2019