Il Corriere della Sera. Con il green pass obbligatorio per andare al ristorante, il presidente francese Macron ha «convinto» un milione di persone a prenotare la vaccinazione in poche ore. Non è una buona soluzione per convincere i riottosi?
«Mah, è come dire che i vaccini sono obbligatori — risponde il presidente del Veneto Luca Zaia —. È una scelta che deve essere valutata attentamente e non con superficialità».
È l’unico limite?
«No, bisogna anche tenere conto che noi ora non abbiamo vaccini per tutti. Quindi, di fronte ad una costrizione più o meno diretta dovremmo essere in grado di garantire a tutti la vaccinazione. Così non è, purtroppo. Ma c’è un altro ostacolo, che noi abbiamo già sperimentato».
A cosa si riferisce.
«In Veneto siamo stati richiamati dal garante della Privacy perché chiediamo il green pass per entrare in ospedale. C’è anche questo profilo da tenere in considerazione. E poi, mi perdoni…».
Dica, presidente.
«Se c’è chi rivendica la libertà di non vaccinarsi, c’è anche chi è già vaccinato e adesso rivendica più libertà. Sembra un gioco di parole, ma noi dobbiamo stare attenti a tenere comportanti coerenti. Se diciamo che con la vaccinazione possiamo tornare ad una vita quasi normale, non possiamo poi mettere troppi ostacoli se non quelli dettati dalle giuste norme di prevenzione».
Lei sostiene che siamo in una fase nuova e che è necessario che il governo cambi strategia. In che senso?
«Sì, noi utilizziamo le regole di sanità pubblica che erano in vigore un anno fa, quando non c’erano i vaccini e il virus mieteva vittime e malati gravi. Sono regole prudenziali, lo capisco, ma ci troviamo in una fase diversa».
Cosa la preoccupa?
«Mi preoccupa che il Veneto, in virtù del fatto che fa più tamponi in assoluto in Italia (437 ogni 100 mila abitanti), non venga penalizzato perché fa emergere più contagiati. Ma si tratta nella stragrandissima maggioranza di soggetti asintomatici o paucisintomatici, cioè persone che non vanno in ospedale».
Quindi, cosa chiede?
A scuola
Sono contrario a dividere i ragazzi in vaccinati e no. Sarebbe un’inaccettabile ghettizzazione
«Che si modifichino i parametri che determinano il passaggio da una zona colorata all’altra. Anziché considerare il numero dei contagiati, dobbiamo misurare i ricoverati. Quello che conta ora è il carico sugli ospedali».
Altrimenti, cosa succede?
«Semplice, paradossalmente chi fa più tamponi, e quindi trova più contagiati, poi finisce in zona gialla o rossa pur avendo gli ospedali vuoti o quasi. Se va così, una Regione fa il minimo indispensabile di tamponi e basta».
Perché in Veneto fate così tanti tamponi?
«Ne facciamo oltre 21 mila al giorno, numeri da zona rossa. Ma noi riteniamo che questa sia un’arma di prevenzione straordinaria, specie con i giovani. Molti ragazzi sono convinti che non gli succederà mai nulla (e per loro può essere vero). Non si rendono conto, però, che possono essere dei vettori del virus per parenti e amici magari più su d’età che non essendo vaccinati rischiano grosso».
E allora giù a fare tamponi senza sosta.
«Sì, per questo ai giovani diciamo: prima di andare a fare una festa o in luoghi a rischio venite a fare il tampone 24 ore prima. È gratis, non serve la ricetta medica e l’accesso è libero. Ve la sbrigate in pochi minuti».
È una sorta di forma di autotutela.
«La vaccinazione deve essere volontaria. Non discuto con chi non è convinto ma lo invito ad approfittare di questo servizio che gli eviterebbe di provocare situazioni spiacevoli qualora fosse contagiato senza saperlo».
Lei ha fatto appello a fare il tampone anche a chi ha partecipato alle feste per la Nazionale.
«Le porte sono aperte a tutti. Venite e verificate se è tutto a posto. E facciamo tamponi salivari, meno invasivi di quelli molecolari».
Pronto per la riapertura delle scuole.
«Sono contrario a dividere i ragazzi tra vaccinati e no, come vorrebbe qualcuno. Sarebbe una forma di ghettizzazione inaccettabile. Torneremo in aula con le mascherine e in alcune scuole faremo test di controllo per monitorare la situazione. Pronti ad intervenire con la nostra macchina da guerra ormai collaudatissima».