Contrordine compagni: la Pedemontana si farà, ma senza addizionale Irpef. L’ha annunciato il governatore Luca Zaia al termine della giunta di ieri, rendendo un po’ più dolce per il contribuente veneto la già di per sé gradevole giornata di sole: «Abbiamo approvato il nuovo schema di contratto che, dopo il vaglio dell’Anac e della Corte dei conti, firmeremo entro l’estate con il consorzio Sis – ha detto Zaia – l’addizionale non c’è più, troveremo i soldi che ci servono in un altro modo».
Detto così, vien da chiedersi dove e come, ma in realtà si tratta di una questione puramente contabile: l’ipotesi portata in consiglio regionale all’inizio di marzo prevedeva che il contributo in conto capitale concordato con Sis, 300 milioni che vanno ad aggiungersi ai 614 già dati dallo Stato, fosse erogato in un’unica soluzione nel 2018, accendendo quest’anno un mutuo dello stesso importo; 300 milioni, però, superano la capacità di indebitamento 2017 della Regione, fissata a 150 milioni, così che per i restanti 150 milioni Palazzo Balbi si vedeva costretto ad applicare le rigide regole del Fiscal Compact, l’accordo sottoscritto dagli Stati dell’Ue per il contenimento del disavanzo pubblico e la riduzione del debito. Cosa dice il Fiscal Compact? Che se superi il limite di indebitamento stabilito per il tuo ente, la parte eccedente dev’essere pareggiata a bilancio con un’entrata pari (o superiore). Che in questo caso sarebbe stata garantita, per l’appunto, dalla reintroduzione dell’addizionale Irpef, che avrebbe dato un gettito di 220 milioni (lasciando quindi pure 70 milioni – i 220 dell’addizionale meno i 150 della Pedemontana – nella libera disponibilità della giunta, per altri investimenti). Adesso, invece, il contributo viene splittato : anziché essere erogato in un’unica soluzione, viene diviso in due tranche, 140 milioni nel 2018 e 160 milioni nel 2019 (il mutuo verrà chiuso domani con Cassa Depositi e Prestiti), restando quindi al di sotto del limite di indebitamento di 150 milioni e tenendosi alla larga dal Fiscal Compact. Anche se Zaia smentisce («Non ci saranno problemi») è chiaro che in questo modo, per due anni, l’intera capacità di indebitamento dell’ente sarà assorbita dalla Pedemontana e che verranno meno i 70 milioni di «altri investimenti» che certo avrebbero fatto comodo al vice presidente con delega al Bilancio Gianluca Forcolin ma è evidente che si tratta di quisquilie a fronte della decisione, politicamente senza eguali, di non applicare l’addizionale, che avrebbe impattato sul reddito di 620 mila veneti (quelli con stipendio sopra i 30 mila euro lordi l’anno) per un importo variabile tra i 3 e i 78 euro al mese. La Regione ripagherà il mutuo a Cdp in 30 anni, con una rata di 8 milioni nel primo anno e di 16 in quelli successivi.
L’operazione, ha spiegato Zaia, è stata chiusa solo al termine di una lunga trattativa con Sis, che a causa del dimezzamento del contributo nel 2018 dovrà finanziarsi altrimenti, accollandosi ulteriori oneri per 15 milioni: «Quando a marzo sono andato in consiglio annunciando l’addizionale, la trattativa era già in corso ma non sapevo come sarebbe finita e non potevo rischiare. Non è un caso che io abbia sempre detto che la tassa era stata prevista in via prudenziale e precauzionale. Abbiamo sempre lavorato per evitarla per cui nessuno si azzardi a parlare di marcia indietro». La trattativa ha portato anche ad un inasprimento delle penali a carico di Sis in caso di malfunzionamento della superstrada (asfalto, neve e via discorrendo), con conseguente intensificazione del «rischio disponibilità» a carico del concessionario, una mossa utile a mettersi al riparo da possibili contestazioni sulla natura del project financing. Dovranno poi essere sottoscritti i protocolli di legalità («Quest’opera non sarà miele per i delinquenti») e messa una pietra tombale sui minacciati contenziosi.
Zaia, attorniato dai componenti della «task force Pedemontana» (il segretario della Programmazione Ilaria Bramezza, l’avvocato dello Stato Marco Corsini, gli ingegneri Giuseppe Fasiol ed Elisabetta Pellegrini, cui toccherà materialmente la firma del contratto con Sis) e dagli assessore De Berti, Donazzan, Caner e Pan, cui si è aggiunto Forcolin, ha spiegato di aver risolto «grazie alla disponibilità dell’Agenzia delle Entrate» anche il nodo dell’Iva, che pesava per 1,4 miliardi: «Sarà applicata l’aliquota al 22% ma la incasseremo sui pedaggi per poi pagarla sul canone di disponibilità dovuto a Sis, compensandola, sicché l’impatto sui conti sarà nullo». L’Iva, assicura il capo del Bilancio Gianluigi Masullo, non verrà scaricata sulle tariffe, ma il punto dovrà essere chiarito meglio nei prossimi giorni perché, se così è, c’è il rischio che l’imposta finisca per impattare sugli utili previsti dalla Regione, almeno nel medio periodo.
Il terzo punto chiave del contratto approvato ieri in giunta riguardata i tempi del closing bancario imposti a Sis: i costruttori avranno 8 mesi dalla firma del contratto per chiudere con i finanziatori e solo allora la Regione erogherà la prima tranche da 140 milioni del contributo pubblico (che comunque dovrà essere destinata prioritariamente agli espropriati e alle imprese subappaltatrici): «Il nuovo assetto convenzionale ha incontro il favore del mercato finanziario – ha assicurato Corsini – anche la due diligence è stata positiva, per cui confidiamo che tutto vada per il meglio». L’advisor di Sis è sempre Jp Morgan.
Una volta firmato il contratto (entro l’estate) e ottenuto il closing (si spera entro l’anno), i cantieri dovrebbero riprendere a pieno regime, ad un ritmo di 30 milioni al mese contro gli attuali 10 (sarà fondamentale lo sblocco della galleria di Malo, sequestrata dopo l’incidente mortale accaduto ad un operaio), e allo stesso modo dovrebbero riprendere i pagamenti agli espropriati (7,4 milioni sono stati liquidati in aprile). «A quel punto, in 3 anni si chiudono i lavori» ha promes so Zaia.
«Era il piano del Pd e lo bocciarono» Dall’opposizione ironie e sospetti
Il governatore chiamato a spiegare in aula. Esulta invece la maggioranza
E niente, li ha spiazzati tutti. Dal Pd al Movimento Cinque Stelle, passando per quel che resta dei «tosiani», ieri in consiglio regionale l’opposizione è rimasta a dir poco sorpresa dall’annuncio del governatore Luca Zaia. Dire che c’è rimasta male forse è troppo, ché nessuno è felice di pagare una tassa in più (per un consigliere, peraltro, si trattava di 3 mila euro l’anno), ma certo se qualcuno sperava di costruirci sopra la campagna elettorale delle amministrative, provando ad allargare qualche crepa nel granitico consenso del leghista, sarà meglio che pensi a un piano B.
Curioso l’aspetto evidenziato dal capogruppo dem Stefano Fracasso, che rispolvera un emendamento presentato in occasione del voto sull’addizionale Irpef che proponeva esattamente di suddividere il contributo pubblico da 300 milioni in più tranche, 100 milioni all’anno per 3 anni: «Ci fu detto che non si poteva, che non capivamo niente, che era un’idea balzana. E l’emendamento venne bocciato. Ora invece scopriamo che si può fare. Sempre in aula – prosegue Fracasso, che è stato anche vice presidente della commissione Bilancio – Forcolin disse che l’indebitamento della Regione arrivava a 80 milioni. Ora sono diventati 140… Vengono tanti dubbi nel vedere com’è stata gestita questa partita, chiederemo a Zaia di tornare in consiglio a spiegare quali novità sono emerse da marzo a oggi». Richiesta accolta dal presidente Roberto Ciambetti, che parla però di «reazioni scomposte da parte della minoranza». Sempre dal Pd, infatti, picchiano duro il consigliere Andrea Zanoni («Zaia snobba la Corte dei conti e tira dritto ma rischia di sbattere contro un muro, sembra di essere su Scherzi a Parte »), la senatrice Laura Puppato («Eviterei i toni trionfalistici, Zaia indica l’ago, intanto il pagliaio brucia»), i consiglieri Graziano Azzalin e Cristina Guarda: «È un dietrofront sfacciato, ma quale affidabilità può avere un presidente che sbaglia continuamente i conti? È inaccettabile questo modo di governare così confuso e incoerente».
L’ex vice presidente Marino Zorzato attende di leggere le carte («Abbiamo sempre detto che l’addizionale non serviva ma i conti secondo me non tornano, a cominciare dall’Iva»), il capogruppo dei Cinque Stelle Jacopo Berti non se ne fa una ragione («Zaia ci prende continuamente in giro, viene in aula e non racconta tutto, perché non dire che era al vaglio una strada alternativa all’addizionale? Perché sempre queste mezze verità, queste opacità?») mentre Giovanna Negro di Fare attacca: «L’annuncio ha il sapore dello spot elettorale, in ogni caso penso che modifiche così sostanziali allo schema di contratto e al Piano economico finanziario, con conseguenze per il bilancio della Regione, debbano tornare in aula per l’approvazione del consiglio». Il vice presidente con delega al Bilancio, Gianluca Forcolin, dice che sul punto sono in corso approfondimenti e l’orientamento dei tecnici e che basti un semplice passaggio in giunta: «Comunque se sarà necessario tornare a Palazzo Ferro Fini lo faremo senza alcun problema».
Dalla maggioranza, invece, è un incessante levarsi di applausi: «I gufi della sinistra, quelli che speravano che il progetto della Pedemontana fallisse, oggi devono inghiottire un bel boccone amaro. Togliendo l’addizionale Zaia ha dato una risposta con i fatti alle tante bugie raccontate in questi mesi» dice il capogruppo della Lega Nicola Finco, a cui si aggiunge quello di Forza Italia, Massimiliano Barison: «Il fatto che non si metteranno le mani in tasca ai veneti è l’ennesima battaglia vinta da una maggioranza solida». Soddisfatto anche Gerardo Colamarco, segretario della Uil: «Durante le audizioni siamo stati gli unici ad opporci all’introduzione dell’addizionale, rivendichiamo di non esserci uniti al coro di chi diceva che era un male necessario. Ora vigileremo perché questo annuncio si tramuti in realtà».
Il Corriere del Veneto – 17 maggio 2017