Con gli enti locali, anche le Ulss devono riversare i soldi alla Tesoreria centrale. Sempre che li abbiano, ammesso che vogliano ubbidire a Monti (che glielo ordina) e disubbidire a Zaia (che glielo vieta). Ieri il presidente della Regione ha diramato un comunicato in cui mette in guardia i direttori Ulss: «Il passaggio delle quote allo Stato sarebbe un fatto molto grave e preoccupante perché i nostri soldi ci verrebbero strappati da Roma». Aggiunge anche che «i direttori generali delle Ulss hanno l’obbligo di opporsi a questi trasferimenti» e che la Regione «sta analizzando ciò che può succedere». Situazione paradossale. E scomoda posizione dei direttori Ulss, pagati dalle Regione ma anche dipendenti della sanità statale
Servitori di due padroni insomma, ora nella di spiacevole necessità di doverne scontentare almeno uno.
Giuseppina Bonavina (nella foto), responsabile della Ulss 20 di Verona, aderisce con allegria al «padrone» più vicino, «faccio quello che mi dice Zaia, però questa del trasferimento dei soldi alla Tesoreria centrale non la sapevo». Al telefono la manager chiede in giro: «Hei, ne sapete niente voi? No?» Nessuno ne sa niente. L’ordine per Verona, ha fatto scalo nei giornali ma non è ancora arrivato a destinazione. Quando arriverà, la dottoressa Bonavina provvederà, i soldi in ogni caso ci sono, «non dico quanti ma sono quelli che vengono da una gestione accorta della mia Ulss».
Centoventi chilometri più a est lo sanno e l’umore cambia. La Ulss 12 di Venezia ha solo debiti, fatica e pagare i fornitori e nella contingente disgrazia trova qualche motivo di sollievo, «qui non abbiamo neanche gli occhi per piangere figurarsi di dare i soldi allo Stato» fanno sapere dall’entourage del direttore Antonio Padoan. Diciamo insomma che l’editto di Roma preoccupa o fa ridere a seconda. Adriano Cestrone, ad esempio, Ulss 16 di Padova, non ci pensa neanche: «Ho più debiti che altro, la mia fortuna di non essere ’virtuoso’. In ogni caso Roma o Antonveneta per me pari sono. I nostri ce li ha l’Antonveneta».
Indispettito, anzi furioso, l’unico «ricco» della famiglia sanitaria veneta, Claudio Dario, Ulss di Treviso: «Ci adegueremo alle indicazioni regionali. Il trasferimento dei fondi a Roma comporterebbe un danno di circa 800mila euro l’anno di mancati interessi. È un’evidente ingiustizia a danno delle Ulss virtuose come la nostra: quei fondi sono frutto di una gestione oculate e dell’impegno degli operatori e andrebbero destinati a servizi per i cittadini». Buonultima Unicredit si scusa: «Non potevamo fare diversamente – afferma – le banche hanno l’obbligo di rispettare le leggi statali». Zaia replica: «Delle due l’una: o sta con Roma o con il Veneto».
Il Mattino di Padova – La Nuova Venezia – La Tribuna di Treviso – 2 marzo 2012