«Non cerco la rissa. Draghi parlerà domani, ed è fondamentale che capisca che le Regioni sono al fronte: si faccia dare il quadro dei territori, tutti noi vogliamo tenere aperta la scuola, ma non ci sono le condizioni. Ci chiedono di svuotare il mare con il secchio. Il secchio non perde acqua, ma ha una capacità limitata». Il governatore del Veneto Luca Zaia ancora spera in un ripensamento del governo sulla riapertura della scuola e insiste: «Si esprima il Comitato tecnico scientifico, non può non farlo su richiesta delle Regioni».
Lo scorso anno, nello stesso periodo, decise in solitaria e contestato da tutti, di non aprire le scuole sino a febbraio. Zaia cosa farà ora?
«Come Regioni abbiamo chiesto il rinvio. Non voglio rompere nessun fronte, all’ultima riunione ho posto una questione che è stata messa nero su bianco: evitiamo di andare in ordine sparso, ma la comunità scientifica deve pronunciarsi. Non abbiamo bisogno di lezioni nei talk show, ma di avere una presa di posizione ufficiale. Faccio un ultimo appello al premier su questo».
Il presidente della Campania De Luca ha già rotto, con un’ordinanza che ferma primarie e medie sino al 29 gennaio, andando allo scontro con il governo.
«Sono un autonomista impenitente, rispetto quello che fa un collega. In questo momento però non serve far cagnara. Il mio è un discorso costruttivo e vorrei che il confronto fosse libero dalla componente ideologica: la scuola per alcuni è intoccabile».
Si riferisce al ministro Bianchi?
«Non faccio nomi, dico che un rinvio di 15 giorni non vuol dire perdere il campionato. Il problema è che il risultato sarà che da lunedì avremo un sacco di classi in Dad, orari ridotti, ci trascineremo per una settimana e poi probabilmente si dovrà intervenire. Ci vuole una regia, ma qui i presupposti sono scarsi. E se le condizioni per aprire rimangono queste, senza ipocrisia: non siamo in grado di reggere. Lo dice anche il mondo della scuola, con l’appello di un terzo dei presidi. Mai visto prima. Avremo dal 20 al 30% del personale che non si presenterà all’appello perché quarantenati, malati o non vaccinati. Da noi sono 925, appena lo 0,9%, ma incidono anche loro.
Una tempesta perfetta».
Crede che chiudere solo la scuola basterebbe?
«Disgustoso individuare nella scuola un capro espiatorio e non è che chiudendola risolviamo tutti i problemi. È innegabile che fuori dalla scuola si viva come non ci fosse un domani, vedi ad esempio i centri commerciali. Ma l’incidenza tra i ragazzi è più che tripla rispetto agli adulti e la scuola comunque rappresenta un luogo di assembramento. Significa, in Veneto, 800 mila persone che vivono per 5 ore al giorno in un ambiente chiuso e che usano i trasporti. In un momento di picco del contagio se il Cts ci dice che questa cosa va bene, perché il tema è di convivenza con il virus e di immunità di gregge, ne prendo atto. Ma qui l’evidenza scientifica nessuno ce l’ha in mano. Abbiamo, al contrario, una previsione di picco dei contagi verso il 20 gennaio e di picco di ricoveri intorno al 10 febbraio. Due settimane di Dad non incideranno sulla formazione, ma intanto rallento contagi e la pressione sugli ospedali».
Anche lei considera ingestibili le nuove misure sulle quarantene nelle classi?
«Ho il record della Regione che fa più tamponi in Italia: ad oggi 22,5 milioni. Ma il doppio tampone alla primaria previsto dal decreto è impraticabile anche per noi. Con 40 mila contagiati al giorno come in Lombardia o 15 mila in Veneto il tracciamento salta. Per non parlare delle superiori».
Parliamone.
«Intanto dividere le classi tra chi rimane in aula e chi va in Dad è discriminatorio. Inoltre il ragazzo che si è fatto le due dosi e ancora non aveva prenotato il booster, perché era entro i 5 mesi, ora se ne va in Dad solo perché il legislatore ha cambiato a 4 mesi. Una follia burocratica. La scuola deve mandare alla Regione la lista della classe e io devo dire quali hanno diritto a rimanere in aula. Ma qualcuno ha idea di cosa vuol dire?
Prima delle vacanze natalizie avevo già 2.400 classi in Dad».
L’autosorveglianza non alleggerirà il contact tracing?
«Gli studenti delle superiori dovranno andare in farmacia a fare i test, è come mandare un diabetico a misurare la glicemia ogni volta in ospedale. In Francia hanno dato il kit a casa».
Ma quindi cosa succederà da domani?
«Assisteremo a una grande finta riapertura».
Repubblica