Martina Zambon. Non basta il clima rilassato di fine anno. Non è sufficiente un bilancio 2017 costellato di «happy end» come la Pedemontana e l’Ospedale di Padova per strappare una dichiarazione meno che ponderata. Parlando con il governatore Luca Zaia, pesa più il non detto delle parole calibrate con certosina lucidità. Prendiamo Roma e le voci di un suo futuro lì. «Questa manfrina ha penalizzato il Veneto, quando vado a Roma non mi considerano un presidente di Regione, ai romani si rizza il pelo come un gatto davanti a un cane».
E nelle ore in cui si sciolgono le camere, come inquadra il prossimo governo, dovesse essere di centro destra? Cambierebbe la relazione del Veneto con Roma?
«Il rapporto con la capitale continuerà ad essere inflessibile con qualunque governo. Cito un episodio, sono stato eletto (lasciando un posto da ministro nel governo Berlusconi ndr ) nel 2010, pochi mesi dopo ho fatto ricorso alla Corte costituzionale per il ticket da 10 euro in sanità. Nessuno sconto a nessuno».
Non auspica una relazione migliore con un eventuale governo «amico»?
«Si governa per un popolo non per una coalizione politica. L’unica cosa che davvero mi auguro è che finisca l’ossessione contro di noi».
Quale leader del centro destra immagina premier?
«Noi corriamo per Matteo Salvini, senza dubbio»
E Berlusconi?
«Con lui ho sempre avuto rapporti eccellenti ma non lo sento più da un pezzo. E tanto per chiarire, non mi occupo di accordi politici, di seggi, candidature e quant’altro. Credo che nei partiti debba esserci una netta divisione dei ruoli con chi ha incarichi di amministratore».
In realtà, da più parti è stato chiamato in causa anche lei…È sempre no?
«Ripeto, questa manfrina finisce per danneggiarmi, io a Roma vado da amministratore dei veneti».
Spesso nell’esecutivo il Veneto viene trascurato, si augura più ministri veneti nel prossimo governo?
«Prima del 2011, eravamo in tre veneti come ministri, Brunetta, Sacconi ed io, oltre ai sottosegretari, poi solo una manciata di sottosegretari. Il nord è stato molto abbandonato, è vero».
Cosa si aspetta dal prossimo governo?
«Una cosa e una cosa soltanto: che colga l’occasione storica di chiudere la prima partita dell’autonomia».
Qual è il rapporto della Regione con Anas? Da un lato la si cerca per Veneto Strade e la Newco autostradale ma nel Pdls 43 si parla di regionalizzare le autostrade…
«Il rapporto con Gianni Armani è buono, stiamo lavorando a progetti innovativi per il Veneto, la Newco ma anche dell’altro. I grandi blocchi sono due: infrastrutture con Anas ma non solo e trasporto ferroviario:, l’Sfmr è stata sbloccata e i nostri treni sono puntuali al 98,6%».
E per passare dal ferro alla gomma, che fine faranno i project financing autostradali ereditati dall’era Galan?
«Mettiamola così, appena eletti ci hanno messo in sala operatoria indicando una lunga serie di interventi sul paziente. Anziché procedere abbiamo chiamato uno staff di chirurghi di altissima specializzazione per valutare costi-benefici».
Come valuta il 2017?
«Abbiamo chiuso dossier importanti e fermi da tanti anni. Penso alla Pedemontana, una ferita sul territorio scongiurata: la consegneremo ai veneti nel 2020 e per alcuni tratti anche prima. L’ospedale di Padova, altro dossier importante dopo anni di stallo».
Fra le istantanee dell’anno che si chiude quali sceglie?
«Le famiglie che vivono l’emergenza Pfaas: fino a pochi mesi fa si parlava di autobotti per l’acqua, ora quella che esce dai rubinetti è pulita. Mancano ancora gli 80 milioni da Roma per blindare tutti gli acquedotti veneti ma siamo gli unici ad aver fissato dei limiti di concentrazione e investito 3 milioni in un laboratorio specializzato che lavora per tutta Italia».
L’ha citata a ogni piè sospinto. L’autonomia è ormai un mantra. Come andrà a finire?
«L’autonomia è la madre di tutte le battaglie pacifiche e ghandiane. La notte del 22 ottobre scorso (giorno del referendum ndr) ho provato un’emozione che ricorderò tutta la vita. Così come alla firma del decreto di indizione del referendum un anno fa, lì ho capito che il percorso sarebbe stato irreversibile. Abbiamo dato la stura alla stagione del regionalismo, ultima la Campania. Il Veneto ha dimostrato di essere una vera comunità. Penso anche ai tanti migranti che hanno un progetto di vita qui e si sentono veneti. Per me, è stato un banco di prova».
Il sindaco di Venezia Luigi Brugnaro chiede un tavolo dedicato a Venezia per l’autonomia.
«Garantiamo il palcoscenico a tutti ma ricordo anche i bellunesi che hanno celebrato pure un referendum ».
Autonomia a parte, che cosa si augura per il 2018?
«Archiviare la crisi, un lavoro per i 175 mi la veneti che lo cercano e che questa regione possa spiccare il volo».
Il Corriere del Veneto – 30 dicembre 2017