«Se si scioglie la neve i fiumi supereranno gli argini». Mezzo miliardo di danni. E, purtroppo, rischiano di essere solo l’inizio della conta del maltempo di questi giorni. Perché, anche se l’alluvione è stata meno drammatica di quella del 2010 perché gli argini, le chiuse, i diaframmi e le opere di manutenzione (per un totale di 925 dal costo di cento milioni di euro) hanno retto all’impatto della piena, a fare paura, questa volta, c’è la grande quantità di neve caduta in montagna.
Le temperature infatti sono miti e dietro l’angolo potrebbe fare la sua comparsa il caldo del vento di scirocco. «Già si sono allagate centinaia di aziende, i campi sono andati sotto, le economie locali hanno subito danni gravissimi. Se a questa situazione si aggiungesse lo scioglimento rapido della neve, i corsi d’acqua si riempirebbero subito con conseguenze che è facile immaginare», ha scritto Luca Zaia in una lettera inviata al presidente Enrico Letta perché Roma sappia qual è la situazione del Veneto e si prepari a risarcire i danni quando sarà pronta la lista degli indennizzi. Se gli oltre due metri di neve che hanno coperto Sappada si dovessero sciogliere troppo presto, spiegano i tecnici della Protezione civile, la massa d’acqua che si riverserebbe nel fiume Piave (e quindi nella rete idrica secondaria) provocherebbe danni incalcolabili. L’acqua dei fiumi veneti sta già sfiorando gli argini in questo momento e per migliaia di chilometri i corsi d’acqua corrono molto più in alto della campagna circostante e dei centri abitati. «Non c’è mai stata così tanta acqua nei nostri fiumi dal 1966 – è intervenuto l’assessore alla Protezione civile Daniele Stival – Ho segnalazione di frane e smottamenti diffusi su tutto il territorio regionale. La situazione è problematica». «Ho decretato lo stato di crisi per gli eccezionali eventi atmosferici cominciati il 30 gennaio – ha continuato Zaia – e ho stanziato un milione di euro per affrontare le immediate situazioni di emergenza. Ma ora mi riservo di formalizzare la richiesta per i danni che verrano rilevati». Per mettere meglio in chiaro la richiesta Zaia ha scritto a chiare lettere nella richiesta inviata alla presidenza del Consiglio che «le eccezionali nevicate e i blackout hanno già compromesso la stagione turistica invernale, le precipitazioni hanno saturato fino al collasso le opere di difesa idraulica in pianura causando centinaia di frane e le tracimazioni dei fiumi hanno costretto all’evacuazione centinaia di persone danneggiando le loro case e le loro imprese».
Zaia ha inoltre ribadito la necessità di dotare il veneto degli strumenti per realizzare il piano di messa sicurezza idraulica da 2,7 miliardi di euro indicato dal professore Luigi D’Alpaos. «Le opere procedono a rilento per colpa di una burocrazia soffocante che uccide i cittadini – aggiunge Zaia -. Bisogna dare più poteri ai presidenti di Regione in materia di opere pubbliche. Serve mano libera su quelle idrauliche e per la messa in sicurezza del territorio».
Gli undici bacini di laminazione e delle casse d’espansione che servono per evitare i drammi del 2010 e quelli di questi giorni sono ancora lontani dalla conclusione. Le prime opere (i bacini di Caldogno e Trissino) saranno pronti non prima della fine del prossimo anno e altre opere (una per tutte, il bacino di Montebello) rischiano di essere rimandate a data da destinarsi a causa dei continui ricorsi e delle difficoltà delle procedure. L’intera operazione costa poco meno di cinquecento milioni di euro, mentre, nel fratttempo le due alluvioni degli ultimi quattro anni sono costate già il doppio. «Ogni anno i danni da cataclisma a livello nazionale costano due miliardi di euro – continua Zaia – sarebbe ora di intervenire con un piano robusto e con un sistema di assicurazioni a livello nazionale che permetterebbe di ridurre i costi degli indennizzi a carico del pubblico».
Al momento la conta dei danni legati a questa nuova alluvione parte dalle campagne. I primi a tracciarne una stima del disastro sono gli agricoltori, con Coldiretti che parla di 16 milioni di perdite. «Gli allevatori mungono e gettano il latte dalla finestra, perché il trasporto non è garantito a causa della neve e della circolazione compromessa — fanno sapere dalla sede veneta dell’associazione di categoria —. In crisi anche le piccole cooperative di trasformazione, per il blackout. Le coltivazioni a seminativo in pianura di cereali soffrono di asfissia e per i più fortunati andrà perso un terzo del raccolto, per gli altri tutto. Gli ortaggi in pieno campo sono allagati ed evidenziano un principio di marciume, le coltivazioni di ortaggi definitivamente compromesse. Nel febbraio 2012 abbiamo firmato un protocollo di intesa con la Regione che determina gli indennizzi per l’imposizione della servitù nei bacini delle piene: tanta solerzia non ha incontrato altrettanta celerità nelle pratiche burocratiche».
Nei guai anche gli albergatori della montagna, che ai 600 mila euro di danni conteggiati per il blackout collegato alla «tempesta di Natale» ne aggiungono altri 200/300 mila odierni. Circa 1,5 milioni di mancati incassi denunciano i proprietari degli impianti di risalita, ancora chiusi ad Alleghe, nel comprensorio del Faloria, perchè Arabba è irraggiungibile, nello Zoldano (alberghi chiusi), a Sappada (saltate le gare internazionali di sci alpinismo e la Ski-For Fun di fondo). A Rocca Pietore e Marmolada sono crollati i piloni della seggiovia: è la fine della stagione. A Falcade sono aperte solo due piste basse, chiusi il Passo San Pellegrino e i collegamenti con Moena (in funzione gli hotel più prestigiosi, grazie alle conferme degli stranieri). In Centro Cadore, Auronzo e Misurina le strade sono aperte e da ieri pure gli impianti di Misurina, eppure si sono registrate molte disdette per il prossimo week-end. E’ il report di Federalberghi Veneto, il cui presidente Marco Michielli ha scritto una lettera al governatore Zaia e agli assessori Roberto Ciambetti, Daniele Stival, Marino Finozzi e Maurizio Conte per chiedere: un intervento sulle banche per avviare urgentemente una moratoria relativa alle rate dei mutui in scadenza, che non possono essere onorate per carenza di liquidità delle imprese; la sospensione o l’annullamento delle addizionali regionali; una linea di credito con Veneto Sviluppo a sostegno, almeno nel breve periodo, delle imprese colpite; la sollecitazione da parte di Palazzo Balbi di un decreto del ministro dell’Economia che conceda una sanatoria per ritardati pagamenti di imposte erariali, tributi locali, contributi previdenziali e sospensione dei termini per gli adempimenti a favore di Cadore, Ampezzano, Agordino, Alto Zoldano e Comelico dal 26 dicembre 2013 a tutto gennaio 2014.
Ance Veneto chiede che la salvaguardia del rischio idrogeologico resti fuori dal Patto di stabilità. «La mancata prevenzione costa 3,5 miliardi l’anno — denuncia il presidente Luigi Schiavo — non investire oggi significa spendere 4 o 5 volte di più domani». La provincia di Vicenza conta già 1 milione di danni e quella veneziana tra i 15 e i 20, tra spiagge, coltivazioni, strade, argini e monumenti. A Padova Confartigianato sta rilevando le perdite Comune per Comune. Tra le aziende in sofferenza la «Inco» di Sarmeola (220 dipendenti, fa capo al gruppo Ermenegildo Zegna), che ha rischiato di finire sott’acqua perchè la pioggia è entrata nei cunicoli dove corrono le tubature del vapore e per alcune ore si è temuto il peggio. «la Regione ha l’obbligo di sostenere popolazioni e amministrazioni colpite — dice Stefano Valdegamberi, consigliere regionale di Futuro Popolare —. Sto predisponendo una serie di emendamenti che presenterò in sede di approvazione del bilancio di previsione 2014, in cui la maggioranza prevede impegni di spesa per finanziare operazioni procrastinabili. Per esempio è più urgente aiutare aziende, famiglie e Comuni in emergenza, piuttosto che sistemare i percorsi storici o culturali, come i sentieri della Grande Guerra».
Il Corriere Veneto – 6 febbraio 2014