di Filippo Tosatto. Nella Lega veneta dei fratelli-coltelli ogni occasione è propizia per azzannare i rivali. Così, anche l’adunata del 7 aprile a Pontida (rispolverata da Roberto Maroni dopo la pausa imposta dagli scandali di via Bellerio) diventa resa dei conti tra le correnti in lotta.
Perché Umberto Bossi annuncia polemicamente che diserterà il “pratone” e i “barbari sognanti” gridano al sabotaggio, segnalando l’assenza di pullman prenotati nelle province controllate dagli avversari: Padova, gran parte di Rovigo, Venezia. Ci sarà comunque Luca Zaia: il governatore ha ottenuto il posticipo pomeridiano del meeting (in mattinata sarà a Verona per inaugurare Vinitaly) e dirà la sua dal palco, al pari di Flavio Tosi. Più che un duetto, una sfida verbale: tra i cavalli di razza padana, in aperta rotta di collisione, è calato da tempo il gelo. Bollente, invece, la temperatura nel Carroccio dopo i fatti di Mestre: giunto in veste di commissario tosiano, per spulciare l’operato del segretario uscente Paolo Pizzolato, il malcapitato Leonardo Muraro (presidente della Provincia di Treviso) è stato accolto da un coro di insulti e sberleffi che l’hanno indotto a battere in ritirata. Tra il centinaio di militanti contestatori spiccava, per decibel, la presenza di una collaudata coppia politica padovana: Santino Bozza, il consigliere regionale ribelle in odore di espulsione, e l’ultrà bossiana Paola Goisis, l’unica delegata che espresse voto contrario all’elezione di Maroni nel travagliato congresso di Assago che sancì la successione al Senatur. Circostanza destinata a rinfocolare la polemica, acuita dalla lettera aperta del lealista veneziano Giovanni Furlanetto che invoca la discesa in campo di Zaia per scalzare il «dux veneto» e scongiurare «il tracollo della Lega». «Io un duce? Sulle questioni interne non replico», taglia corto Flavio Tosi «i dissapori della Lega non interessano alla gente, noi dobbiamo occuparci del Veneto, dei programmi elettorali, di dare risposte alla nostra gente, alle imprese e alle famiglie. Queste beghe sono questioni assolutamente di second’ordine, una perdita di tempo per chi ascolta». Facile profetizzare la cacciata dei dissidenti, colpevoli (secondo lo statuto del Carroccio) di opporsi a decisioni assunte dagli organismi del partito nonché di violare a più riprese la circolare-bavaglio del segretario-sindaco che vieta di lavare in pubblico i panni sporchi: «Ne parleremo nelle sedi opportune», è il commento laconico del veronese. Tosi, in verità, non sembra particolarmente allarmato. Fautore della “balena verde”, mira alla costruzione di un rassemblement egemone nel nord che coalizzi consensi federalisti, liberali e cattolici rafforzati dalle liste civiche. In questa prospettiva – condivisa in toto da Maroni che ha additato il “modello Verona” come esempio da imitare – il ruolo della Lega diventa influente ma non esclusivo. «Per vincere domani, oggi sono disposto a scontare un’emorragia di voti e di iscritti, la vecchia Lega non ha futuro, ci serve un partito rinnovato e organico al progetto», ripete ai suoi colonnelli. Sul fronte opposto, i dirigenti che guardano a Zaia, consapevoli della schiacciante maggioranza avversaria nel consiglio nathional, danno l’assalto alle federazioni decisi a rovesciare gli equilibri congressuali. A Padova, così, l’asse Marcato-Bitonci costringe all’angolo il vice tosiano Maurizio Conte; a Rovigo il “domatore” Antonello Contiero tiene a bada l’operaia-parlamentare Emanuela Munerato; nella roccaforte Treviso, dove l’ondivago Giorgio Granello potrebbe cedere la segreteria a Dimitri Coin, giovane alfiere della vecchia guardia.
Il Mattino di Padova – 29 marzo 2013