Il messaggio al «Grande Fratello» è chiaro ed inequivocabile: «Coletto e Mantoan non si toccano». Il governatore Luca Zaia allarga il mantello e mette al riparo dalla pioggia di sussurri e grida i «suoi uomini», ossia l’assessore ed il segretario generale alla Sanità infilati nel mirino da quel Flavio Tosi che dei due fu padrino all’inizio della legislatura ed ora pare invece esserne diventato il primo nemico, deluso com’è dal nuovo Piano socio sanitario. Zaia sbarra la strada non solo alla sostituzione di Domenico Mantoan, in scadenza a febbraio 2013, con il direttore generale dell’Azienda Ospedaliera di Verona Sandro Caffi, ma pure al rimpasto che vedrebbe defenestrato d’improvviso Luca Coletto per far posto in giunta al direttore generale dell’Usl di Bussolengo, Alessandro Dall’Ora, altro fedelissimo di Tosi.
I sindacati della dirigenza medica: «Visto che di solito sappiamo tutto a cose fatte, aspettiamo notizie ufficiali in merito ai destini della sanità. Quando ci saranno, commenteremo» (vedi di seguito)
Ma tornando a Zaia dice: «Caffi e Dall’Ora sono due tra i più validi manager che abbiamo a disposizione, stanno facendo bene nel Veronese e sono convinto che continueranno su questa strada, senza spostarsi da lì. Finché sarò io il presidente, infatti, il loro posto non sarà mai qui in Regione».
Due sono stati salvati. Altri due, loro malgrado, impallinati. Il tono di Zaia è secco, ma anche piuttosto infastidito. Le voci ricorrenti che dipingono il sindaco di Verona, in predicato di diventare il nuovo segretario nathional della Lega Nord, come il vero dominus della Sanità in Veneto, con un’invasione di campo pesante rispetto al terreno d’azione del governatore (la Sanità assorbe pure sempre il 6o%o del bilancio regionale, 8,2 miliardi su 13 miliardi complessivi) rischia infatti d’incrinare i rapporti tra i due pesi massimi del Carroccio, già messi in contrapposizione più volte, dalla corsa alla successione di Galan a quella per il dopo Gobbo, abili ad incrociarsi senza mai sfiorarsi. Zaia non lo nomina mai, ma quando si riferisce al «Grande Fratello» è chiaro che il suo sguardo si posa sull’orizzonte occidentale, là dove svetta l’Arena. «Coletto e Mantoan li ho voluti io e rimarranno al loro posto finché lo deciderò io. L’assessore sta facendo un ottimo lavoro e gode di tutta la mia fiducia. Il segretario è il miglior dirigente che abbiamo in Sanità e non intendo privarmene per nessuna ragione. D’altra parte, se a metterli dove sono fosse stato questo Grande Fratello di cui sento parlare, mi vedrei costretto a pensare che questi è inaffidabile ed inattendibile: perché altrimenti cambiare i massimi vertici di un settore tanto delicato, a meno di due anni dall’inizio della legislatura?».
Uscendo dai sottintesi, come quelli che si ascoltano a Palazzo Balbi e dintorni per cui il maxi emendamento al Piano socio sanitario lo starebbero scrivendo «gli ambienti veronesi», il governatore va giù piatto: «Non è a Verona che si fa la sanità del Veneto, chi mi conosce sa bene che non amo i manovratori nell’ombra e non sono abituato ad attribuire ad altri responsabilità che sono solo mie: se qualcosa non funziona, dagli ambulatori alla corsia, o viceversa funziona benissimo, le colpe e i meriti sono miei e della mia squadra e non di qualche padre putativo in giro per il Veneto. Chi passa le sue giornate ad elucubrare – continua Zaia – farebbe bene a pensare ogni tanto che dall’altra parte della barricata ci sono i veneti colpiti dalla malattia che chiedono di essere curati. Evitiamo per cortesia di speculare sulla loro pelle o meglio, smettiamola, perché se c’è una cosa scandalosa che ho visto nella sanità veneta, in questi due anni, è proprio la malsana abitudine di alcune persone di far passare il loro tempo tra congetture, retropensieri e movimenti su scacchiere inesistenti».
Chi conosce Zaia, e la sua tradizionale avversione allo scontro frontale con i compagni di partito (abitudine che gli è costata in qualche occasione l’accusa d’essere «l’ultimo dei dorotei»), magari resterà stupito. Ma a sentire i suoi colonnelli più fidati, questo sarebbe solo un riflesso della paura diffusa tra molti amministratori leghisti, che di fronte all’ascesa di Tosi al soglio padano, e ben sapendo come lui si ispiri al «modello Dc», temono di dover avere un domani la sua benedizione del veronese per qualunque decisione da prendere in casa, dal Comune alla Provincia, per arrivare fino in Regione. Della serie: prima il partito e il partito c’est moi. Di qui, spiega uno degli Zaia boys di Treviso, «questa specie di avvertimento preventivo. A ciascuno il suo, i rimpasti in laguna non li decide Tosi».
La forza del sindaco di Verona, però, cresce di giorno in giorno e visti i precedenti, si pensi solo allo scontro con Umberto Bossi, nessuno si sente più di escludere nulla. Neppure Zaia che infatti, pur avvertendo che «solo un folle può pensare di riuscire ad imporre un cambio in giunta ed alla segreteria della Sanità manovrando dietro le quinte», ciò nondimeno avverte: «Se questo dovesse accadere in qualche modo, l’autore farebbe bene a stare molto attento. Il rischio di cadere nell’illegittimità, infatti, sarebbe alto. Molto alto».
Corriere del Veneto – 22 maggio 2012
I sindacati: «Lottano per le poltrone mentre la gente non ha i soldi per curarsi»
Sono irritati, i sindacati della sanità. Primo perché «qualsiasi progetto o anche solo ipotesi di lavoro passa regolarmente sopra le nostre teste e ne veniamo a conoscenza solo a fatto compiuto», secondo perchè «in questo momento di crisi le beghe di potere risultano più odiose e fuoriluogo del solito». «Qua non c’entrano le persone, bisogna cambiare l’organizzazione della sanità veneta, vecchia e non più rispondente ai bisogni della gente -rileva Stefano Biasoli, segretario della Confederazione dirigenti della funzione pubblica -. Mentre chi dovrebbe governarci si litiga le poltrone, i veneti tartassati da ticket che non possono più permettersi rinuncia a curarsi e ad aderire ai programmi di prevenzione , le liste d’attesa si allungano per i tagli inferti dalla Regione anche al privato convenzionato, mentre i veri sprechi, cioè 24 aziende , restano. E la sanità veneta, checchè ne dicano a Palazzo Balbi, è piena di debiti.
In linea Assunta Motta, della Cgil: «A noi le beghe interne alla Lega non interessano, vogliamo un sistema salute di qualità e accessibile a tutti. Mentre la politica litiga, nel pubblico non ci sono i soldi per rinnovare i contratti, nel privato convenzionato sono a rischio centinaia di posti di lavoro e il blocco del turn over non consente di garantire i servizi all’utenza con continuità.
E in ballo c’è anche l’approvazione del Piano sociosanitario ». «Quello che sta succedendo in Regione è l’ennesima riprova di una politica sempre più lontana dai cittadini -avverte Gerardo Colamarco, segretario generale della Uil Veneto – queste lotte di basso profilo distolgono l’attenzione dai bisogni della gente e dalle operazioni realmente utili. Come il taglio delle Usl, che se ridotte a 9 o io consentirebbero un risparmio di 30 milioni di euro. Se non si cambierà rotta, dimostrando più attenzione nei confronti dei veneti, molti dei quali faticano ad arrivare alla terza settimana , chiameremo i lavoratori alla mobilitazione».
Sarcastica la Cimo, sigla degli ospedalieri, che fin dall’inizio ha criticato la nomina ad assessore del «geometra» Luca Coletto. «Che resti o se ne vada purtroppo non fa differenza – ammette il segretario regionale Mario Favazza -per i medici non è stato un interlocutore presente, non ci ha dato le risposte concrete che ci aspettavamo. E del resto la figura dell’assessore alla Sanità ormai è svuotata di significato: le decisioni le prende il governatore su indicazione del segretario».
In attesa l’Anaao, il maggior sindacato degli ospedalieri: «Visto che di solito sappiamo tutto a cose fatte, aspettiamo notizie ufficiali in merito ai destini della sanità. Quando ci saranno, commenteremo».
Corriere del Veneto – 22 maggio 2012