Carmelo Lopapa, Repubblica. «Sono molto perplesso sull’opportunità di riaprire le scuole dal 7. A dicembre in Veneto si è registrato il 50 per cento di morti in più rispetto all’anno precedente. È un’ecatombe da Covid che coinvolge non sono l’Italia ma il mondo intero. Il vaccino c’è ma ci vorrà del tempo. Lo spirito di marzo, lo ripeto ancora, è cambiato: per alcuni il problema è degli ospedali e non più della comunità ». Luca Zaia è il governatore in trincea del Veneto che torna a essere piegato dalla pandemia, con contagi e vittime che riprendono a salire. «Abbiamo mostrato lealtà e collaborazione per senso di responsabilità a questo governo – dice il “Doge” che trascorre anche il primo dell’anno al telefono nella gestione dell’emergenza – ma la soluzione migliore in caso di crisi è il ritorno al voto, serve un esecutivo davvero legittimato. E le elezioni si possono tenere anche in piena campagna vaccinale».
La situazione resta critica nel suo Veneto. È solo un problema di contabilità sbagliata, come ha sottolineato nei giorni scorsi, presidente Zaia?
«I contagi sono ripresi in Italia ma anche all’estero. Da noi 25 mila, in Gran Bretagna 35 mila, in Germania quasi 40 mila, Times Square deserta l’ultima notte dell’anno. I dati diffusi dall’Istituto superiore di sanità non ci fanno stare tranquilli. In Veneto non c’è un banale problema di contabilità, a marzo facevano 2 mila tamponi e i positivi erano il 20%. Oggi ne fanno 60 mila e i positivi sono 5-8 per cento».
Dunque cosa sta succedendo da voi?
«In Veneto il virus si fa sentire, non dobbiamo banalizzare il momento, tanto meno abbassare la guardia.
L’infezione prima ha colpito il Nordovest e dopo è passata a Nordest. Adesso la pressione ospedaliera è alta. Abbiamo 3.400 ricoverati, dei quali 400 in terapia intensiva. Dalla sequenziazione del virus e abbiamo notato che quello di marzo non c’è più e anche quello estivo, che generava solo asintomacici, è scomparso. Ora ci ritroviamo con otto mutazioni, delle quali una è quella inglese più contagiosa e due presenti solo in Veneto».
La situazione sanitaria è implosa?
«Grazie al lavoro poderoso dei nostri 60 mila uomini e donne della sanità che eroicamente combattono il Covid assolutamente no. Oltre ai ricoverati per il virus, diamo assistenza a 7 mila ricoverati ordinari. Non lasciamo a piedi nessuno».
Pagate il fatto di essere stati sempre in zona gialla?
«L’algoritmo che decide i colori è stabilito dai più alti esperti sanitari nazionali, anche il Lazio era in “giallo” ma ha avuto un numero di contagi e vittime inferiore. La verità è che oggi ancora non sappiamo tutto di questo virus. Vedremo dal 7, quando l’Iss, e non il circolo della scopa, attribuirà i nuovi colori».
In queste condizioni pensa che si possano riaprire le scuole?
«Io ho molte perplessità. È ormai assodato che le curve dei contagi siano collegate ovunque alla ripresa della scuola. I ragazzi hanno il diritto a una scuola in presenza. Se si contagiano, la letteratura dice che in molti casi sono asintomatici e con cariche virali alte. E un’aula scolastica rischia di essere il terreno di coltura del virus, che poi si propaga sui bus e fuori dagli istituti. Ho chiesto al nostro dipartimento di prevenzione di elaborare delle valutazioni sul da farsi. Decideremo di conseguenza».
Il presidente della Repubblica sostiene che si poteva fare di più e meglio. Si è sentito chiamato in causa anche lei?
«Non so a cosa si riferisse il presidente Mattarella. So che i 60 mila operatori della sanità veneta hanno fatto un gran lavoro. Io non ho mai mollato la Protezione civile. E abbiamo sempre sentito il presidente della Repubbica al nostro fianco. Con lui ci siamo sentiti spesso».
Il capo dello Stato ha anche lanciato un appello per la vaccinazione. Condivide? Lei si vaccinerà?
«Il presidente ha fatto bene. Dobbiamo fare in fretta, siamo indietro rispetto a Cina e Russia. Io mi vaccinerò, certo. Rispettando le regole e le priorità. Ho chiesto a tutti i miei direttori di provvedere tassativamente in questa prima fase alla vaccinazione degli operatori sanitari e degli ospiti delle case di riposo».
Lei è per l’obbligatorietà?
«No, sono per la responsabilizzazione del cittadino. Nei giorni scorsi ha fatto discutere una mia frase. Ho solo detto che inevitabilmente si andrà verso un passaporto sanitario che diventerà il lasciapassare per tante attività. Dal viaggio in aereo all’ingresso in eventi pubblici. Sarà inevitabile dopo mesi di pandemia. Il tempo sarà galantuomo».
Avete dialogato per tutto il 2020 col governo Conte, che adesso sembra vacillare. In caso di crisi, quale scenario si prefigura?
«Nella fase d’emergenza abbiamo tenuto una linea di leale collaborazione, era importante farlo. Ma il Paese ha bisogno di stabilità e di un governo legittimato dal popolo. Oggi si sta verificando quel che scriveva nel Contratto sociale Rousseau: il popolo ti delega ma quando non lo rappresenti più ti toglie la delega. Vedo troppe turbolenze in volo».
Le elezioni sono la soluzione, nonostante l’emergenza e la vaccinazione in corso?
«Se c’è la crisi vuol dire che non c’è più una maggioranza. La campagna vaccinale non è un problema, va avanti. Ritengo fondamentale la stabilità e quella la si ha solo con il voto. L’altra priorità sono i 209 miliardi del Recovery fund. È singolare che le Regioni siano delle comparse: io come altri governatori non siamo stati coinvolti. Ho presentato un piano da 23 miliardi e non so che fine farà».
Che futuro vede per la Lega?
«Ha futuro finché investirà sull’identità, che per noi si chiama autonomia. Ma ora siamo in piena emergenza Covid. Ne riparleremo in seguito»