La nuova disciplina pone diversi quesiti interpretativi sul piano giuslavoristico, che le aziende devono considerare. Ad esempio: la procedura di whistleblowing è applicabile anche a trattamenti discriminatori o persecutori o mobbizzanti subiti dal lavoratore? In caso di procedimento disciplinare avviato in seguito alla segnalazione, come bilanciare la tutela, ampia e prioritaria, alla riservatezza del segnalante con il diritto di difesa del segnalato?
No a segnalazioni private
Quanto al perimetro applicativo del decreto, l’articolo 1, comma 2 del Dlgs 24/2023, specifica che la segnalazione non può avere a oggetto le contestazioni legate a un interesse di carattere personale del segnalante, che attengono esclusivamente al proprio rapporto individuale di lavoro, oppure inerenti al rapporto con i superiori gerarchici.
La stessa interpretazione letterale della norma, dunque, indurrebbe a escludere dall’ambito applicativo del decreto tutte le condotte potenzialmente idonee a ledere diritti individuali.
Si pensi, ad esempio, al lavoratore vittima di mobbing o di persecuzioni da parte del superiore gerarchico. In questo caso, la non applicabilità della norma sembrerebbe pacifica, trattandosi di fattispecie confinata in via esclusiva al rapporto individuale di lavoro. Benché questo caso esuli dall’ambito applicativo della norma, però, il datore di lavoro non è esentato dai suoi obblighi di protezione verso i dipendenti, garantiti dall’articolo 2087 del Codice civile, oltre che dalla normativa sulla sicurezza sul lavoro prevista dal Dlgs 81/2008. In questo senso, quindi, i datori di lavoro non potranno comunque ignorare la segnalazione che, in ogni caso, dovrà essere vagliata e istruita nei suoi contorni specifici, anche se non dovesse rientrare nella procedura di whistleblowing, e il segnalante non dovesse godere delle protezioni previste dal Dlgs 24/2023.
La tutela del segnalante-soggetto leso potrà essere garantita, ad esempio, tramite modifiche organizzative interne (si pensi ai cambi di ruolo) nonché, se del caso, con l’avvio di un procedimento disciplinare, senza alcun obbligo di preservare l’identità del segnalante, il cui nominativo potrà essere svelato anche nell’eventuale contestazione disciplinare.
Whistleblowing: gli step
Che cosa accade, invece, qualora la condotta segnalata ricada nel perimetro di applicazione del decreto 24/2023 e, di conseguenza, il datore di lavoro intenda avviare un procedimento disciplinare? Si pensi, ad esempio, al caso del dipendente addetto al settore finanziario di una società al quale sia stato ordinato di effettuare un pagamento a scopo corruttivo. In questo caso, trattandosi di fattispecie che esula dalla tutela di un interesse esclusivamente individuale del dipendente e dal rapporto strettamente gerarchico, trova applicazione la procedura di whistleblowing e la relativa normativa prevista dal Dlgs 24/2023. Il segnalante, quindi, godrà della massima tutela della sua riservatezza, estesa non solo alla sua identità, ma anche a qualsiasi altra informazione dalla quale possa ravvisarsi, direttamente o indirettamente, tale identità (ad esempio, e-mail dalle quali si evince la richiesta di effettuazione del pagamento, registrazioni audio di conversazioni tra colleghi).
Come bilanciare, dunque, nell’eventuale procedimento disciplinare, presumibilmente a carico del lavoratore che ha impartito la direttiva, la tutela della privacy del segnalante con il diritto di difesa del segnalato? La risposta è fornita direttamente dalla legge. Qualora la contestazione sia fondata sulla segnalazione e la conoscenza dell’identità del segnalante sia indispensabile per la difesa dell’incolpato, la segnalazione sarà utilizzabile nel procedimento disciplinare solo in presenza del consenso del segnalante alla rivelazione della propria identità (articolo 12, comma 5 del Dlgs 24/2023).
Segnalante anonimo
Quali sono le conseguenze qualora il segnalante non presti il proprio consenso alla rivelazione della sua identità? La contestazione disciplinare redatta in assenza del nominativo del segnalante potrebbe essere viziata per carenza di specificità, con conseguente rischio di illegittimità della sanzione disciplinare (anche espulsiva) eventualmente adottata.
Pertanto, laddove i datori di lavoro si trovassero in questo corto circuito, l’unica strada percorribile per avviare comunque il procedimento disciplinare sarebbe quella di acquisire, al di là della segnalazione, tutti gli ulteriori elementi utili connessi alle circostanze segnalate che possano essere oggetto di contestazione con il rispetto del requisito di specificità e del diritto di difesa dell’incolpato-segnalato.