L’infezione tropicale si è diffusa lungo le rive del Po. Dal 2009 ha causato cinque morti. L’ultima vittima un trevigiano
PADOVA — È arrivato in Veneto nel 2008 e fin da subito si è trovato particolarmente bene. Al punto da insediarsi stabilmente lungo le rive del Po, del Livenza e del Piave e di presentarsi ora come «Veneto » al cento per cento. La scoperta è apparsa un paio di giorni fa su una rivista scientifica: il dipartimento di Medicina Molecolare dell’Università di Padova ha isolato un ceppo endemico del West Nile Virus.
In poche parole si tratta di una mutazione del virus africano sviluppata proprio sulle sponde dei grandi fiumi veneti. Il West Nile, dopo aver viaggiato su rotte commerciali, turistiche e sfruttando le recenti ondate migratorie, è arrivato in Italia nel 1998 e in Veneto nel 2008. E qui ha trovato la sua nuova casa. A veicolare il virus sono le zanzare e proprio per questo le epidemie che ogni anno si verificano intorno a settembre sono difficili da tenere controllo (è colpita dal virus dall’1 al 3 per cento della popolazione). In otto casi su dieci non produce alcun sintomo, nel 19 per cento si limita a qualche febbre, nausea, vomito, mal di testa ma per un infetto su cento dà origine a encefaliti, meningiti e paralisi che spesso portano alla morte.
Dal 2009 si contano cinque decessi in Veneto, l’ultimo lo scorso marzo: Fausto Mosole, un 33enne trevigiano che aveva contratto il virus dopo il trapianto di un rene. L’Unione Europea a fine 2011 contava 14 casi di contagio in Italia, di questi sette erano veneti (sei trevigiani e un veneziano). Il rischio viene infatti non solo dalle punture delle zanzare ma anche dalle trasfusioni e trapianti da organismi infetti. Proprio una donazione di sangue infetto da parte di un veneziano ha fatto scoprire questa nuovo ceppo endemico. «Si tratta di una infezione tropicale – ha spiegato il direttore del dipartimento di Medicina Molecolare Giorgio Palù – simile all’epatite C o all’encefalite giapponese o a quella da zecche che in America ha causato migliaia di morti. Una di quelle minacce che solitamente pensiamo molto distante da noi ma che in realtà sono più vicine di quanto immaginiamo».
La prevenzione passa attraverso i consigli adatti a tenere alla larga le normali zanzare: regolari disinfestazioni, usare repellenti e zanzariere e non lasciare acqua stagnante in giardino. In questo scenario Padova potrebbe avere un ruolo chiave. Sia per la centralità rispetto ai luoghi dove il virus si sta diffondendo sia per le eccellenze presenti. «Legnaro potrebbe essere una sede ideale, anche per la vicinanza con l’Istituto Zooprofilattico, per un laboratorio in grado di studiare e analizzare questo e altri virus», dice Palù. Grande soddisfazione è stata espressa per la scoperta dal direttore sanitario dell’azienda ospedaliera di Padova Giampietro Rupolo: «Una scoperta che avrà ricadute importanti anche sul fronte dei trapianti d’organo». La scommessa, se si vuole puntare a un contenimento del West Nile virus, è quella legata alla prevenzione. Lo stesso direttore si è detto pronto a tornare a bussare alla porta della Regione per chiedere maggiori finanziamenti per la disinfestazione delle aree più a rischio.
Corriere del Veneto – 4 agosto 2012