Repubblica. Nell’Italia tropicale dove le meduse aumentano e ci raggiungono con nuove specie (è stata dimessa la donna punta nei giorni scorsi in Sicilia da una Caravella portoghese), anche le nuove infezioni hanno nomi esotici: West Nile, Chikungunya, encefalite da zecche. Sono virus trasmessi da insetti o artropodi. «E poiché questi animali con il caldo hanno un ciclo vitale accelerato, il cambiamento del clima rischia di portarci più casi» spiega Fabrizio Montarsi, dirigente del laboratorio di parassitologia, micologia ed entomologia sanitaria dell’Istituto Zooprofilattico sperimentale delle Venezie.
Il suo ruolo, in questi giorni di allarme in Veneto per il virus West Nile, è piazzare trappole per le zanzare, catturarle e poi guardarle al microscopio, per verificare se nel loro corpo alberghino agenti patogeni. La risposta, per quanto riguarda il virus della febbre del Nilo, è positiva, soprattutto nelle aree pianeggianti e vicine al Po, dove stazionano gli uccelli migratori che fungono da serbatoi del virus. L’infezione, che prima del 2008 in Italia non esisteva, ha ucciso finora 4 persone in Italia.
Zanzare positive sono state trovate anche a Bologna. «I casi gravi di febbre del Nilo, con meningite ed encefalite, sono meno dell’1% degli infettati» spiega Federico Gobbi, direttore delle malattie infettive e tropicali dell’Irccs Ospedale Sacro Cuore di Negrar, vicino Verona. «Otto su dieci non hanno sintomi e gli altri un po’ di febbre». La presenza del virus in una zona rende però necessario sottoporrea test tutte le sacche di sangue donato, oltre agli organi per i trapianti.
Che quest’anno fosse una stagione particolare, i ricercatori dello Zooprofilattico delle Venezie l’avevano d’altra parte intuito subito. «Le prime zanzare positive al virus del West Nile sono comparse a inizio giugno. In genere le troviamo a fine giugno o inizio luglio» spiega Montarsi. Le cause non sono un mistero: «Il ciclo vitale degli insetti è legato alla temperatura. Più fa caldo, prima raggiungono lo stadio adulto, si riproducono e danno vita a una nuova generazione. Lo stesso vale per il virus della febbre del Nilo, che replica più rapidamente con le temperature alte».
Un aumento di avvistamenti si sta registrando quest’estate anche per le zecche, portatrici soprattutto in Veneto di un virus che provoca encefalite. E per i pappataci, insetti volanti grandi come moscerini e molto silenziosi che trasmettono il Toscana virus. «Un tempo erano diffusi soprattutto al centro- sud» spiega Montarsi. «Ora si stanno estendendo anche al nord». Le zanzare, a differenza ad esempio delle zecche, hanno bisogno di depositi d’acqua per deporre le uova. La siccità sta almeno mantenendo il loro numero contenuto.
In Veneto, racconta Gobbi, «è dal 2008 che tutti gli anni abbiamo almeno un caso di West Nile. Nell’anno di picco, il 2018, in tutta la penisola si sono contati 365 casi e 19 decessi. La zanzara che trasmette il virus della febbre del Nilo, la Culex pipiens, non ha in realtà nulla di esotico. La zanzara tigre invece, Aedes albopictus, è una specie tropical e, approdata da noi una trentina di anni fa. Lo scenario peggiore, però, è che in Italia decida di accasarsi la temibile Aedes aegypti. «Portatrice molto più efficiente di Dengue e Chikungunya, oltre a Zika e febbre gialla» avverte Gobbi. Qualche esemplare in Italia è stato avvistato in passato, ma al momento la aegypti trova inverni troppo freddi perché le sue uova sopravvivano e diventi stanziale. Durerà? «Se gli inverni dovessero diventare poco rigidi, c’è il rischio che si stabilisca da noi» avverte Montarsi. «È già avvenuto in località come Sochi, nella Russia meridionale. Siamo sul Mar Nero, il clima non può certo essere definito tropicale. Credo che il nostro Meridione non sia molto lontano da quelle condizioni».