Sulla febbre del Nilo la guardia resta alta e tutti i protocolli di controllo e prevenzione rimangono in vigore.Lo ha confermato, rispondendo ieri a un’interrogazione presentata dal deputato polesano del Pd Diego Crivellari, il sottosegretario di Stato per la Salute, Davide Faraone.
«Le attività di sorveglianza umana ha sottolineato il sottosegretario – non sono state modificate rispetto alla scorsa stagione e prevedono che vengano individuati e segnalati casi clinici importati tutto l’anno, autoctoni da giugno a ottobre, di forme cliniche neuro-invasive nelle aree a dimostrata circolazione. Il piano prevede inoltre la sorveglianza entomologica con l’attuazione di protocolli operativi diversificati in relazione alla presenza o meno di casi umani, basati sia sull’informazione della popolazione che su interventi ordinari di controllo con prodotti larvicidi, al fine di ridurre la presenza di focolai larvali peridomestici di zanzare, sia l’uso di adulticidi in caso di elevata densità delle zanzare».
Da giugno a novembre, periodo della sorveglianza dei casi umani di contagio, sono stati trovati positivi 71 pazienti, 34 dei quali hanno manifestato sintomi neuro-invasivi: uno in Piemonte, nove in Lombardia, venti in Emilia-Romagna, uno in Sicilia e tre in Veneto, due dei quali in provincia di Rovigo, entrambi a carico di ultrasettantacinquenni. Parallelamente sulla base del piano di sorveglianza regionale, i Servizi veterinari delle Ulss venete hanno condotto l’attività di controllo su uccelli e cavalli (due gli animali positivi nel territorio dell’Ulss 19 sui 17 trovati in tutto il Veneto), oltre alla cattura delle zanzare, vettore di trasmissione del virus. Ben 26 i gruppi di insetti trovati positivi dal Centro di referenza nazionale per lo studio e l’accertamento delle malattie esotiche, Cesme, fra quelli identificati dal laboratorio di parassitologia del’Istituto zooprofilattico sperimentale delle Venezie. Di questi, cinque gruppi, “pool” in gergo tecnico, a Ceneselli, tre a Villanova del Ghebbo, uno a Badia, uno a Ficarolo e uno a Papozze. In tutti questi territori sono state subito avviate le disinfestazioni. «Il caso di Ceneselli e quello ancor più grave del 2015 sempre in Polesine – ha spiegato Crivellari nel riportare la risposta del Ministero alla sua interrogazione avevano allarmato e preoccupato la popolazione – Credo che la strada tracciata, anche nella risposta del sottosegretario, sia quella di una prevenzione e di un controllo che forniscano anche al territorio strumenti adeguati per prevenire e controllare una situazione di questo tipo. I primi casi umani identificati hanno portato a un rafforzamento delle misure di controllo nelle zone interessate con misure preventive su trapianti d’organo, tessuti e cellule da trasfusioni di sangue, e in questo caso anche per il Polesine, 28 giorni di stop a donatori di sangue e di emocomponenti». L’attenzione, quindi resta alta perché il virus del Nilo è sempre in agguato, pronto a colpire non appena si riaffaccia il caldo.
Il Gazzettino – 19 gennaio 2017