«È un accordo veramente importante. I soldi che arrivano dai fondi integrativi andranno non soltanto a pagare, come è successo fino a oggi, le prestazioni di medici e fornitori privati di servizi sanitari ma anche direttamente il sistema pubblico».
Onofrio Rota, segretario generale della Cisl del Veneto, poco più di una settimana fa aveva prospettato, in un’intervista al Corriere del Veneto , la praticabilità di uno schema di questo tipo nell’ambito di un ragionamento più ampio su modelli innovativi di welfare. Ora si dichiara molto soddisfatto della delibera con cui la giunta regionale del Veneto ha approvato, ieri pomeriggio, uno schema di convenzione fra le Usl e i gestori di Fondi ai quali fanno riferimento i contratti integrativi di molte aziende venete. Questo, ha rilevato l’assessore regionale alla Sanità, Luca Coletto, «va a favore delle persone assistite dai Fondi, per le quali la gestione diviene più semplice e vengono ristretti i tempi di erogazione della prestazioni».
In estrema sintesi, le Usl che sottoscriveranno la convenzione deliberata dal governo regionale si comporteranno nei confronti del paziente-lavoratore, coperto da forme di sanità integrativa aziendale, come se fossero le ordinarie strutture private che sino a oggi hanno fornito prestazioni specialistiche o altri servizi aggiuntivi rispetto all’assistenza pubblica.
Gli accordi – che comunque ogni singola Usl veneta sarà libera di sottoscrivere – nello schema contemplano le coperture per ricovero ordinario o diurno e per prestazioni di diagnostica e check up, il tutto secondo i tariffari stabiliti dal nomenclatore regionale. Il gestore del Fondo, si legge ancora nella bozza di protocollo, «si impegna a sperimentare, in coerenza con le necessarie valutazioni gestionali, la possibilità di assumere l’onere del pagamento diretto del ticket, che altrimenti sarebbe a carico del cittadino», e nell’intesa sono previste anche le prestazioni erogate da medici in regime di libera professione.
Vista però in prospettiva più lunga, la misura adottata dalla Regione Veneto apre la strada a sviluppi ritenuti particolarmente interessanti ai fini di un’impostazione di welfare che il Veneto può iniziare a ritagliarsi su misura, in base alle necessità peculiari della popolazione che vi abita (e che spesso i servizi derivanti da convenzioni con fondi integrativi nazionali, invece, nella loro dimensione generale non riescono ad interpretare).
«Il primo banco di prova – immagina ancora Rota – potrebbe essere quello di legare “Sani in Veneto”, il Fondo del mondo dell’artigianato al quale aderiscono 100 mila dipendenti, a una convenzione con la sanità pubblica. Un grande vantaggio sia per i lavoratori sia per le Usl, che riceverebbero risorse fresche grazie al pagamento delle prestazioni coperte dalla loro assicurazione integrativa».
Un’altra lettura di questa scelta della Regione proviene da Elena Donazzan, assessore alle politiche del lavoro. «Così – dice – otteniamo l’esatto contrario della privatizzazione. Noi mettiamo a disposizione i nostri servizi sanitari, siamo molto più concorrenziali e andiamo a prenderci fette di mercato». O, ancora, si può interpretare l’atto come il riconoscimento formale di un sentiero già battuto singolarmente con un integrativo di Luxottica di pochi anni fa, attraverso il quale l’azienda raggiunse un accordo con l’Usl di Belluno per l’erogazione di alcune prestazioni ai propri dipendenti. In quel caso, il rapporto fu avviato tra due aziende. Nella versione evoluta e strutturale, indicata dalla delibera di ieri, si tratta di relazionare i Fondi complementari con tutti gli erogatori regionali di sanità pubblica.
Fin qui si sta parlando di sanità ma i tempi sono maturi perché una seconda fase del dibattito, sempre secondo l’assessore Donazzan, si possa aprire. Cioè quella di introdurre la contrattazione di secondo livello, con le relative componenti di premialità, anche nel settore pubblico. Dunque, per la Regione Veneto, vista in questo caso come datore di migliaia di posti di lavoro, sarebbe ora di «avviare una transazione culturale, appoggiare la creazione di un Fondo regionale e far confluire in esso la contribuzione integrativa dei propri dipendenti».
Il Corriere del Veneto – 23 agosto 2017