La parola universalismo rischia di essere cancellata dal vocabolario della sanità. Sono 13 milioni gli italiani che nell’ultimo anno sono stati messi economicamente a dura prova per far fronte a spese sanitarie private, un popolo di “espulsi” dal Ssn, di cui 2/3 affetti da malattie croniche, non autosufficienti e a basso reddito, che hanno dovuto mettere mano al portafoglio per curarsi.
Non solo, ben 7,8 milioni hanno dovuto dare fondo a tutti i loro risparmi per le proprie spese sanitarie o sono stati costretti a indebitarsi con parenti, amici o con banche e istituti di credito vari. E 1,8 milioni di persone sono entrati nell’area della povertà. Uno scenario da far tramare i polsi e che in soldoni si traduce in 35,2 miliardi di euro sborsati dalle famiglie nel 2016, con un aumento in tre anni del 4,2%. Un trend persino più elevato della spesa totale delle famiglie per i consumi e pari a +3,4% tra il 2013 e il 2016.
Cifre che parlano chiaro e ci dicono che ormai in Italia la sanità non è più per tutti. Anche perché, nell’ultimo anno, 12,2 milioni di italiani hanno rinunciato o rinviato prestazioni sanitarie: 1,2 milioni in più rispetto all’anno precedente. E solo il 20% degli italiani riesce a tutelarsi attraverso una polizza sanitaria integrativa, prevista dal proprio contratto di lavoro o dalla propria azienda o stipulata individualmente. Tutti gli altri “pagano”. Diventa quindi impellente trovare una soluzione per dare ossigeno alle casse del Ssn. Un’alternativa è quella di creare un modello “multipilastro” che valorizzi pubblico, privato e sanità integrativa per garantire e ampliare la copertura assistenziale restituendo sicurezza a tutti i cittadini.
È questo il quadro delineato dal Rapporto Censis – Rbm Assicurazione Salute presentato oggi al “Welfare Day 2017” a Roma. Una giornata di confronto tra istituzioni, esponenti delle forze politiche, associazioni datoriali, sindacati, associazioni dei consumatori, esperti della sanita? e componenti del Comitato scientifico Welfare Day per capire come coniugare sostenibilità, equità e capacità assistenziale. Lanciato un appello al Premier Gentiloni, al Ministro della Salute Lorenzin e al Sottosegretario Faraone: “Lavoriamo #insieme, pubblico e privato per un Ssn più equo e inclusivo, sostenibile grazie alla diversificazione delle fonti di finanziamento”.
“Più di un italiano su quattro non sa come far fronte alle spese necessarie per curarsi e subisce danni economici per pagare di tasca propria le spese sanitarie – ha spiegato Marco Vecchietti, Consigliere Delegato di Rbm Assicurazione Salute – intanto la stessa spesa sanitaria privata, che oggi pesa per circa 580 euro pro-capite, nei prossimi dieci anni e? destinata a raggiungere la somma di mille euro pro-capite, per evitare il crack finanziario e assistenziale del Ssn”.
In particolare sono nove le voci di spesa per le quali si fa più fatica ad avere accessibilità alle cure: al primo posto le visite specialistiche (74,7%), seguite dall’acquisto dei farmaci o dal pagamento del ticket (53,2%), per proseguire con gli accertamenti diagnostici (41,1%), l’odontoiatria (40,2%), le analisi del sangue (31%), lenti e occhiali da vista (26,6%), le prestazioni di riabilitazione (14,2%), protesi, tutori, ausili vari (8,9%), e per concludere le spese di assistenza sociosanitaria.
“Sanità deve essere sinonimo di inclusione ed equità – ha aggiunto Vecchietti – non serve continuare a difendere un universalismo di facciata dietro al quale si celano profonde diseguaglianze e livelli decrescenti di assistenza”. Anche perché, ricordaRbm Assicurazione Salute, solo il 20% degli italiani riesce a tutelarsi da questa situazione sempre più difficile attraverso una polizza sanitaria integrativa, prevista dal proprio Ccnl o dalla propria azienda o stipulata individualmente, rispetto alla quasi totalità dei francesi (circa il 97,5%) e a più di un terzo dei tedeschi (oltre il 33%).
Ssn è a rischio default. Secondo le stime presentate al Welfare Day, mancheranno nei prossimi dieci anni, dai 20 ai 30 miliardi di euro per garantire il mantenimento degli attuali standard assistenziali da parte del Ssn.
“Tanti soldi che però potrebbe essere recuperati – ha suggerito Vecchietti – rendendo obbligatoria la sanità integrativa per tutti i cittadini, come già avvenuto in Francia, dove grazie ad un sistema di assicurazioni sociali aggiuntivo al sistema pubblico è possibile curarsi liberamente nelle strutture sanitarie che garantiscono qualità e tempi di accesso immediati”.
Le vie di uscita.
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LEGGI TUTTO su Quotidiano sanità – 7 giugno 2017