Repubblica. L’allarme di Bankitalia sul debito che non scende, «elemento di vulnerabilità». Quello della Corte dei Conti sulla tenuta del welfare, dove «il pericolo è non mantenere la qualità dei servizi». Le critiche di Confindustria per «la sostanziale assenza » di politiche per la crescita. Nelle audizioni in Parlamento emergono tutti i limiti della legge di Bilancio del governo Meloni. Non si tratta di bocciature, specie se si considerano complessità del momento e ristrettezza delle risorse: nessuno obietta sulla scelta di destinare la voce più grande – 15,8 miliardi di euro, con relativo deficit extra – al sostegno dei redditi bassi, confermando per un anno il taglio del cuneo fiscale. Ma tutti sottolineano la fragilità della strategia disegnata dal governo, esposta a rischi interni ed esterni, e il suo corto orizzonte che rimanda al prossimo anno, quando il sentiero sarà ancora più stretto, scelte strutturali «non semplici». A cominciare da quelle sul futuro del cuneo e sulla revisione della spesa.
Sia Bankitalia che l’Istat hanno stimato il beneficio per le famiglie delle misure fiscali contenute in manovra, taglio del cuneo e accorpamento dei primi due scaglioni Irpef: per la prima è in media di 600 euro per nucleo all’anno, per l’Istat, che usa basi statistiche e assunti diversi, arriverebbe a 1.100 euro. Ossigeno per le famiglie, alle prese con l’onda lunga dello tsunami inflazione. Ma anche un’ipoteca sulla prossima finanziaria, visto che per confermare la misura bisognerebbe trovare altri 16 miliardi. «Per evitare di dover ricorrere tra un anno a bruschi aumenti delle aliquote o a nuovi scostamenti di bilancio, è opportuno definire nei prossimi mesi l’orientamento per il medio termine», ha detto Andrea Brandolini, vice capo del Dipartimento Economia di Bankitalia, suggerendo quindi di anticipare le decisioni. E avvertendo che le conseguenze di un taglio strutturale del cuneo sui bilanci della previdenza vanno valutate con attenzione.
Sullo sfondo, o in primo piano agli occhi dei mercati, c’è la dinamica del debito, che nel quadro del governo scende «solo marginalmente ». Bankitalia giudica «difficile da raggiungere» l’introito da privatizzazioni ipotizzato dal governo per cristallizzare il debito nel suo attuale, precario, equilibrio. Torna quindi, sempre meno eludibile, la necessità di una spending review, la rimodulazione della spesa teorizzata da tuttii governi, ultimo quello Meloni, e mai realmente praticata se non con dolorosi tagli lineari. Sono le «decisioni non semplici» di cui ieri ha parlato la Corte dei Conti, con il «pericolo di non riuscire a mantenere la qualità dei servizi offerti, rischiando di vanificare, specie per le fasce più deboli», l’effetto dei benefici monetari. È già il caso nella sanità, dice la Corte, perché l’aumento delle risorse è «insufficiente» a bilanciare i costi crescenti.
I magistrati contabili rilevano anche l’assenza di misure per la crescita, la grande obiezione degli industriali ribadita anche ieri dal presidente Bonomi. Tra gli incentivi eliminati c’è l’Ace, lo sgravio per le imprese che incrementano il capitale proprio, una scelta criticata sia da Bankitalia che dall’Istat. E il saldo complessivo delle risorse per il mondo produttivo, ha detto Bonomi, è negativo per un miliardo. Gli industriali lamentano in particolare la mancanza di stimoli agli investimenti tecnologici, cioè Industria 5.0. Rimandati come tutti gli altri al Pnrr, sempre più decisivo ma sempre nel limbo della revisione.
Se insomma il governo Meloni è riuscito nei suoi obiettivi più urgenti, confermare il sostegno alle famiglie senza far deragliare i conti, ilsuo equilibrismo si conferma di cortissimo respiro, «esposto alle intemperie » (Corte dei Conti) di una crescita debole e pieno di incertezze. Le stesse che vivono gli italiani: il 41,8% – secondo un sondaggio Euromedia Research – considera la propria condizione sociale ed economica peggiore rispetto a un anno fa, appena il 6% migliore. «Un’incertezzache non è nata con questo governo, ma che l’esecutivo Meloni non è riuscita a intaccare – commenta Alessandra Ghisleri -. Le misure di sollievo annunciate non sono ancora visibili nella vita delle famiglie. L’aspettativa resta alta e Meloni gode ancora di un livello di fiducia elevato, ma bisogna stare attenti a non tradirla».