Uno stage retribuito, sei mesi a Roma in un ufficio con un nome anche impegnativo: Ufficio rapporti istituzionali. Scorri i requisiti, e pensi che ce la puoi fare: laurea (non indispensabile), buona conoscenza inglese, buona conoscenza del funzionamento delle istituzioni italiane e europee e del diritto pubblico, capacità di organizzazione del lavoro, atteggiamento pro-attivo e flessibile, confidenzialità, disponibilità a trasferte a livello nazionale… insomma tutte caratteristiche che i ventenni di oggi affamati di lavoro e in cerca di un serio impiego padroneggiano con abilità e scaltrezza. Ma ecco, arriva uno scoglio per alcuni insormontabile: “Titolo preferenziale per essere ammessi allo stage, essere vegano”.
Vegano? Non posso mangiare uova o latticini? Ma cosa gliene importa a un datore di lavoro cosa mangio, si sono domandati in molti. E’ come se chiedessero il colore della pelle o il partito preferito. Alla faccia del sacrosanto articolo 8 della Statuto dei lavoratori che sancisce, per il datore di lavoro, il divieto di fare indagini su opinioni politiche, religiose o sindacali del lavoratore, e anche, e qui sarebbe il nostro caso, impicciarsi su fatti non rilevanti ai fini della valutazione dell’attitudine professionale. Ma è vero? Ma no, dai, l’offerta di stage è una fake news, non ci credo, è una bufala (ma no, sono vegetariani…), così in molti potrebbero pensare.
E invece no, è tutto vero, che siate o meno vegani. Da un paio di settimane la Lav, Lega antivivisezione italiana, storica associazione che difende i diritti degli animali, tra le prime 20 onlus in Italia per la scelta del 5 per mille, ha inserito on line un annuncio che a molti potrebbe far gola. Cerca uno stagista da inserire nell’Ufficio rapporti istituzionali. Retribuito (ma non si specifica l’importo), della durata di sei mesi e con sede a Roma. Maneggevoli i requisiti richiesti salvo quel titolo preferenziale, per molti insormontabile (o discriminatorio) di essere vegano. Cioè avere una alimentazione che escluda ogni prodotto animale, latte, formaggi, uova e che, possibilmente, sia seguita da candidato che non indossi abiti o usi oggetti in pelle o pelliccia e che aborra la visita a uno zoo.
“Guardi, non vedo proprio nessuna discriminazione o offesa ai diritti dei lavoratori, piuttosto il nostro annuncio rispetta in pieno la nostra filosofia del rispetto globale dei diritti degli animali” spiega il presidente della Lav Gianluca Felicetti, “del resto non è certo la prima volta che nei nostri annunci chiediamo in via preferenziale la scelta vegana. E’ dalla metà degli anni ’90 che è una delle caratteristiche del nostro lavoro a favore dei diritti degli animali, è una delle gambe forti su cui poggia la nostra associazione. Essere vegani non è un titolo per iscriversi alla nostra associazione ma lo diventa automaticamente per poterla rappresentare. No, non tutti i nostri dipendenti sono anti-prodotti animali, ma quelli che devono parlare con le istituzioni, devono convincere che è la scelta alimentare più giusta, equa ed ecosostenibile – e questo ad esempio è il caso della mansione che sarà richiesta allo stagista che cerchiamo – lo devono essere. Ne siamo tutti convinti”.
Felicetti garantisce però un’ equità sui requisiti: “L’essere vegano diventa titolo preferenziale solo a parità di capacità del possibile candidato, una sorta di attaccamento ai colori sociali. Insomma, se il vegano è un somaro non è che lo prendiamo solo per spirito di squadra, propenderemo per l’onnivoro”. In due settimane hanno risposto all’annuncio oltre duecento aspiranti candidati, ma ancora la scelta non si è compiuta. Val la pena di ricordare agli aspiranti stagisti che, per policy dell’associazione, la pausa pranzo è solo a base di verdurine e tofu, in sede non può entrare neanche una fetta di prosciutto.
Repubblica – 13 settembre 2017