Dal retroscena del Corriere alla viva voce del ministro del Lavoro Giuliano Poletti: «Mi sembra che l’atteggiamento prevalente sia quello di andare a votare presto, quindi prima del referendum sul Jobs act ». Frasi che suscitano un putiferio, perché danno all’opposizione, ma anche alla sinistra pd, l’occasione per poter dire che il governo ha «paura» di un’ennesima sconfitta referendaria e quindi accelera le urne.
A poco serve, per placare le polemiche, la rettifica serale del ministro: «Le mie affermazioni non sono altro che l’ovvia constatazione che, qualora si andasse a elezioni politiche anticipate, la legge prevede il rinvio del referendum. È un’ipotesi che non ho invocato io». Ma poi, durante il Consiglio dei ministri, si rende conto del terreno sdrucciolevole sul quale si è incamminato e fa ammenda: «Le mie frasi sono una scivolata personale».
«Scivolata» che riaccende i fari sul Jobs act e sulla parola «referendum», non particolarmente gradita ai renziani e alla maggioranza, dopo il 4 dicembre. Lo scontro scoppia in mattinata, dopo che la Consulta ha reso noto che inizierà l’11 gennaio 2017 l’esame sull’ammissibilità delle richieste relative a tre referendum abrogativi proposti dalla Cgil e sottoscritti da 3 milioni di italiani. Quesiti che puntano a cancellare la modifica dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori e quindi la possibilità di licenziamento, ad abrogare le disposizioni che limitano la responsabilità in solido di appaltatore e appaltante, in caso di violazioni nei confronti del lavoratore. E a eliminare i cosiddetti voucher , ossia i buoni lavoro per il pagamento delle prestazioni accessorie.
Le frasi di Poletti contrastano con chi pensa all’esecutivo Gentiloni come a un governo di legislatura. Susanna Camusso, leader della Cgil, coglie l’occasione per accusare di «mancanza di coraggio» chi pronostica elezioni anticipate per schivare il referendum: «Già abbiamo visto Confindustria pronosticare la recessione in caso di vittoria del No il 4 dicembre. Ora siamo allo stesso schema. Ma le minacce di disgrazie non funzionano».
Scontate le proteste nel centrodestra, da Gaetano Quagliariello a Fabrizio Cicchitto, ma le critiche più forti sono a sinistra. Loredana De Petris, Sinistra italiana, definisce «gravissime» le parole di Poletti. Il presidente della Toscana Enrico Rossi, sfidante futuro alla premiership, definisce «un suicidio per il Pd» l’idea di evitare il referendum. Cesare Damiano, presidente della commissione Lavoro della Camera, prova a ragionare: «Con i referendum proposti dalla Cgil bisognerà misurarsi, non si può mettere la testa sotto la sabbia». Critiche anche sui contenuti. «Sui voucher la tracciabilità è un passo avanti ma non è sufficiente». E «preoccupazione» per «la crescita dei licenziamenti dopo l’introduzione del Jobs act ». Anche Roberto Speranza è critico: «Più che invocare le urne per evitare che si svolga il referendum, è necessario intervenire subito sul Jobs act , a partire dai voucher ». Al ministero del Lavoro, nei prossimi giorni, dovrebbe arrivare come viceministro Tommaso Nannicini , ex sottosegretario a Palazzo Chigi.
Alessandro Trocino – Il Corriere della Sera – 15 dicembre 2016