Bilancio dello Stato Le voci dei conti che pesano di più. Lo strano caso dei parametri per uniformare gli acquisti . Baldassarri: la sfida sono gli interventi standard. Rossi: i contribuenti hanno problemi con i versamenti delle imposte
Mario Baldassarri disegna un cerchio con la matita rossa intorno alla cifra: 50%. «Questo è il bubbone» dice con una certa enfasi il presidente della commissione Finanze al Senato (terzo polo), riferendosi all’aumento della spesa sanitaria delle Regioni negli ultimi cinque anni. Un altro segnaccio rosso va a circondare il 37% che nel Documento economico e finanziario indica l’aumento della spesa delle Regioni sempre nel quinquennio. «Noi — dice — possiamo continuare a strizzare i Comuni, la cui spesa è aumentata nello stesso periodo del 23%, o comprimere quella dei ministeri, che hanno totalizzato un 17%. Ma il problema non è lì». Sugli 800 miliardi di spesa pubblica annuale, 140 miliardi se ne vanno in beni e servizi, di questi 8o sono spesi dalle Regioni per la sanità. Ma non basta: dei 4o miliardi di fondi perduti, 17 sono quelli erogati alle Regioni. E il discorso potrebbe continuare, senonché diventa doloroso per i cittadini, che sono chiamati a pagare più tasse mentre le Regioni dilapidano senza alcun tipo di controllo. Ma come è possibile? Lo scorso governo non aveva avviato un sistema di costi standard nella sanità? Anche qui Baldassarri ha da dire la sua, e racconta di quando si trovò a votare nella bicamerale del Federalismo il sistema di controllo della spesa sanitaria regionale. «Io proposi di utilizzare come costi standard quelli del 2006, adeguati all’inflazione, invece — prosegue l’economista — la commissione decise che si tenesse conto della media dei costi del 201o. E come mai? Perché tra il 2005 e il 2.0 io i costi erano aumentati de 50%! Quindi è come se avessero detto: “Benissimo, continuate a spendere come avete fatto finora”. Io votai contro». Il senatore non ha dubbi sul fatto che tra tutti i capitoli di spesa questo debba essere tagliato pesantemente, evitando di elevare ancora le tasse che ammazzano la crescita: «Questa è la Scilla e Cariddi della politica economica italiana. Se Monti non vi pone mano, dopo aver visto la primavera araba vedremo l’autunno del Nord del Mediterraneo…». Il senatore di sinistra Nicola Rossi (gruppo misto) si concentra invece sul lato delle entrate, in particolare quelle tributarie: «Non abbiamo ancora i dati del primo trimestre 2012 — dice —: sappiamo che gli strumenti messi in campo sono efficaci sotto il profilo della riscossione, ma esiste un oggettivo problema di pagamenti da parte dei contribuenti. I due effetti potrebbero compensarsi».
Gli ultimi dati sulle entrate tributarie, comunicati dal ministero dell’Economia, risalgono al febbraio scorso e segnalano un differenziale tra il gettito registrato nel periodo gennaio-febbraio 2012 e le relative previsioni dell’1,8% (-1,1 miliardi). A tale scostamento contribuiscono
le entrate del bilancio dello Stato per -386 milioni di euro (-0,6%), la variazione dei ruoli incassati per -234 milioni (-21,9%) e delle poste correttive per -6o2 milioni (-21,7%). Non proprio un trend positivo. Intanto c’è il tentativo di alcuni partiti di allentare la morsa del Fisco, in particolare dell’Imu. Ma è possibile farlo senza compromettere l’equilibrio dei conti pubblici? Sul punto Rossi non condivide l’insistenza di Monti sul mantenimento dell’imposta: «Dire che senza Imu si dovrà ricorrere alla patrimoniale è sbagliato. E come se una tassa si potesse sostituire solo con un’altra tassa, anziché con provvedimenti più seri sulle dismissioni e sulla spesa». E si ritorna alla casella della spending review: «Capisco che Monti abbia voluto tagliare fuori Quirinale, Corte costituzionale e Camere, ma mi sarei aspettato che un minuto dopo ciascuna di queste istituzioni dicesse di essere pronta a sottoporsi all’esame dei conti».
Antonella Baccaro – Corriere della Sera – 7 maggio 2012