Le proteste degli ex consiglieri regionali non sono servite a nulla. La riunione salvacasta convocata dal decano degli ex Aldo Bottin (tre legislature con la Dc) e la lettera di minacce (neanche troppo velate) del compagno Severino Galante non hanno avuto alcun effetto sul voto degli inquilini di palazzo Ferro Fini che hanno approvato uniti e compatti il taglio dei vitalizi dei loro predecessori sulla scia del voto in commissione regionale.
Sia chiaro: non si tratta di un taglio così drastico da mandare in rovina chi ha calcato in passato le sale del consiglio regionale, ma di una sforbiciata misurata che prende il nome di contributo di solidarietà e che colpisce il 5% degli assegni fino a duemila euro, l’8% fino a quattromila, il 10% fino a seimila euro e il 15% sopra i seimila euro (tutte le quote di prelievo sono maggiorate del 40% in caso di cumulo dei vitalizi). In attesa di una possibile impugnazione da parte degli ex (che, a sentire qualche costituzionalista, darà ragione sicuramente ai ricorsisti perché in Italia non si può toccare nulla in maniera retroattiva finché non si mette mano alla Costituzione) e di vedere se effettivamente i consiglieri regionali dovranno rimetterci di tasca propria in caso di sconfitta di fronte a un tribunale (come pronosticato da Galante), gli uffici tecnici del consiglio hanno calcolato un risparmio di circa 700 mila euro all’anno per i tre anni di effetto della legge appena approvata. «C’è grande soddisfazione per questo voto – ha detto il presidente Valdo Ruffato (Ncd) che è anche primo firmatario del progetto di legge -. I calcoli fatti ci permettono di affermare che in questo modo realizzeremo contenimento dei costi per 690 mila euro all’anno. Ciò significa che nel prossimo triennio avremo risparmiato più di due milioni di euro che chiederemo vadano a finire direttamente nel settore sociale».
La «sordida manovra elettorale» (come è stata definita dagli ex colpiti nel portafoglio) è dunque arrivata a dama anche se è stata cassata sul nascere la proposta di divieto di accumulo dei vitalizi avanzata da Antonino Pipitone (Idv) che voleva rincarare la dose di risparmio per un consiglio regionale che ormai spende di più per gli ex che per gli attuali consiglieri in carica. Per equilibrare i conti e perché il voto di ieri non sembri soltanto un taglio al portafoglio di qualcun altro (che se ha intenzione di fare ricorso deve tenere conto che toglierà soldi al sociale), i consiglieri hanno completato anche la legge sull’eliminazione dei futuri vitalizi. I tagli dunque non riguardano solo i vecchi inquilini del Palazzo: per dimostrare la loro buona volontà i consiglieri hanno approvato all’unanimità anche la conversione dei vitalizi in semplici pensioni come quelle di tutti i normali lavoratori. A partire dal prossimo anno chi avrà l’onore dell’Aula si vedrà obbligatoriamente prelevare dall’indennità di carica (che tra una cosa e l’altra viaggia sui 5-6 mila euro netti al mese) una quota destinata alla gestione separata dell’Inps che, sulla base del sistema contributivo, concorrerà a garantire una pensione a partire dal 65esimo anno d’età (il termine si abbassa a 60 per chi ha fatto più di una legislatura).
Per gli attuali consiglieri la pensione dunque sarà calcolata pro-quota: vitalizio fino a questa primavera, pensione con sistema contributivo a partire dalla prossima legislatura dopo le elezioni. Le nuove leggi sul risparmio naturalmente non raddrizzano il passato. Anche se decurtati i vitalizi continuano ad arrivare anche a chi è transitato per il consiglio regionale solo per poche settimane in attesa di altra nomina o per surroga. Gli assegni che vengono firmati ogni mese infatti sono 226 a cui si aggiungono 45 reversibilità per un totale di 11 milioni di euro.
Il Corriere del Veneto – 17 dicembre 2014