Visite fiscali dei lavoratori ancora a doppio binario fra pubblico e privato, anche se le regole per i 3,3 milioni di dipendenti pubblici sono in avvicinamento a quelle dei 14,7 milioni di dipendenti privati (9 milioni dei quali coperti da indennità di malattia Inps).
Sabato prossimo, 13 gennaio, entra in vigore il decreto 206/2017, che riscrive le regole dei controlli sulle malattie dei pubblici dipendenti, come previsto dalla riforma della Pa.
La prima mossa di avvicinamento alle regole previste per il settore privato è la possibilità di sottoporre più volte a visita fiscale il lavoratore, nel periodo di prognosi indicato dal certificato medico. Una possibilità che prima era esplicitamente esclusa nel pubblico: in pratica, il dipendente della Pa già visitato dal medico fiscale, non poteva più essere controllato nello stesso periodo di malattia. Ora invece, le visite potranno essere effettuate con cadenza «sistematica e ripetitiva».
Un’altra novità in linea con le regole del privato è la stretta sulle esclusioni dall’obbligo di reperibilità. Nel pubblico non dovranno farsi trovare a casa dalle 9 alle 13 e dalle 15 alle 18 i lavoratori che sono assenti per:
patologie gravi che richiedono terapie salvavita;
cause di servizio riconosciute che però (a differenza dal passato) abbiano dato luogo a menomazioni gravi;
stati patologici legati a una invalidità riconosciuta pari o superiore al 67% (in linea con quanto previsto per i lavoratori del settore privato dal Dm 11 gennaio 2016).
Per evitare le assenze “strategiche” dal lavoro, a ridosso di vacanze o ponti, i lavoratori pubblici potranno essere sottoposti a visite fiscali «anche in prossimità delle giornate festive e di riposo settimanale».
L’unica differenza di trattamento fra i lavoratori pubblici e quelli privati riguarda le fasce orarie di reperibilità, che rimangono 9-13 e 15-18 per il pubblico e 10-12, 17-19 per il privato. Sette ore al giorno per i primi, contro le quattro ore per i secondi, una mancata armonizzazione che secondo il presidente dell’Inps, Tito Boeri, «rende più difficile realizzare quelle economie di scala che sono alla base della scelta del polo unico» (si veda Il Sole 24 Ore del 3 gennaio).
Il Polo unico per le visite mediche di controllo, attivo dal 1° settembre 2017, accentra nell’Inps la competenza esclusiva a svolgere visite fiscali, sia su richiesta dei datori di lavoro pubblici e privati, sia d’ufficio. Il primo report ufficiale dell’Inps, che dovrebbe essere pronto entro febbraio, aggiornerà i dati fermi al 2015 che parlano di 600mila controlli effettuati su 12 milioni di certificati di malattia presentati nel privato e di 300mila visite su 6 milioni di certificati nel pubblico (l’obiettivo è di arrivare a 500mila controlli all’anno).
Per selezionare i lavoratori ai quali mandare il medico fiscale, l’Inps usa un sistema informatico capace di individuare – tra tutti i certificati di malattia ricevuti dall’istituto – quelli più “a rischio”, in base a criteri specifici che variano da una regione all’altra. Il sistema è in grado di riconoscere le situazioni anomale, come ad esempio il caso di aziende in cui una grossa percentuale di lavoratori sia contemporaneamente in malattia.
«Il polo unico della medicina fiscale – commenta Alfredo Petrone, segretario nazionale della Federazione italiana medici di famiglia, settore Inps – è finalmente divenuto una realtà. Ora manca solo l’ultimo tassello, l’accordo collettivo nazionale per i medici fiscali tra Inps e organizzazioni sindacali, sul quale stiamo lavorando con l’Istituto, con il quale si potrà anche aumentare il numero di viste fiscali». Su 1.200 medici fiscali in attività, 900 sono a tempo pieno.
Il Sole 24 Ore – 8 gennaio 2018