Non è vero che tutto il settore è anticiclico. L’emergenza coronavirus si fa sentire anche qui. Prendiamo il gorgonzola, che tra i formaggi Dop italiani di latte vaccino è il terzo per volumi di produzione, dopo il Grana Padano e il Parmigiano Reggiano: per il mese di marzo il Consorzio di tutela ha appena stimato un crollo del vendite del 31%. La colpa? In gran parte è della chiusura di bar, mense e ristoranti, segmento in cui le perdite per il gorgonzola hanno sfiorato il 65%. Ma i problemi non sono mancati nemmeno nella grande distribuzione: «Gli ingressi scaglionati dei clienti – si legge in una nota del Consorzio – non ha permesso che gli acquisti nei supermercati compensassero i numeri negativi della ristorazione e dei grossisti». Anche l’export mostra i primi segnali negativi: ha cominciato a calare a fine marzo, e i produttori si aspettano che vada solo peggio. Per i salumi vale esattamente lo stesso discorso: soltanto per i produttori lombardi l’Assica calcola perdite del 35%.
Con la Pasqua ormai alle porte, i produttori di dolci si sono rassegnati a un calo del fatturato 2020. Per uova e colombe industriali l’Unione Italiana Food ha calcolato un crollo del 40% degli incassi. Ma le pasticcerie artigianali non sono messe meglio: secondo la Cna Agroalimentare gli incassi quest’anno, rispetto al 2019, saranno addirittura dimezzati. Qualcuno ha cercato di attrezzarsi con le vendite online, ma un mese di tempo non poteva certo essere abbastanza per raccogliere frutti adeguati. Gli ordinativi di agnelli? Crollati anche questi, del 50% secondo ll Cia Agricoltori.
Poi c’è tutto il capitolo del vino. Ristoranti, alberghi, wine bar, cerimonie ed export: per molte cantine queste destinazioni rappresentano oltre la metà dei ricavi. L’Istituto marchigiano di tutela vini, il consorzio regionale che riunisce 15 denominazioni e 12.500 aziende, ha fatto sapere che, soprattutto tra i piccoli produttori, il blocco delle vendite arriva fino al 90%. A questo si aggiunge una tensione finanziaria sempre più evidente per un settore che ha necessità di cominciare a lavorare proprio ora tra i campi, ma che allo stesso tempo non riesce a incassare i pagamenti pregressi.
Anche l’Associazione vini toscani Dop e Igp è preoccupata: il suo presidente, Francesco Mazzei, ha scritto all’assessore all’Agricoltura della Regione, Marco Remaschi, una lettera in cui si sottolinea la necessità di attuare urgentemente interventi specifici: «Le aziende vitivinicole toscane, senza gli indispensabili introiti garantiti dalle vendite di vino e dall’attività di accoglienza, si trovano a fronteggiare già adesso una forte crisi di liquidità, mettendo a rischio non solo i propri bilanci, ma anche e soprattutto la propria sopravvivenza». L’associazione rappresenta 22 consorzi vitivinicoli della Toscana, per un fatturato che supera il miliardo di euro e vale l’11% del settore vinicolo a livello nazionale. «L’emergenza epidemiologica – spiega Mazzei – il susseguirsi delle disposizioni di lockdown e il conseguente clima di sfiducia e preoccupazione, hanno portato a un forte e progressivo rallentamento degli ordini di vino, con gravi ripercussioni sul mercato nazionale e su quello internazionale. La situazione è aggravata dal blocco totale dei flussi turistici che sta avendo conseguenze importanti anche sul settore vitivinicolo di una regione fortemente vocata come la Toscana. Le aziende vedono azzerarsi anche gli introiti spesso molto significativi provenienti da attività enoturistiche, agrituristiche e di vendita diretta, con ulteriori evidenti conseguenze nei flussi di cassa e nel deterioramento del quadro economico e finanziario».
Micaela Cappellini