“E’ un grande risultato della nostra mobilitazione, finalmente ha vinto il buonsenso – ha sottolineato il presidente della Coldiretti, Sergio Marini – Una vicenda incredibile si è chiusa positivamente ma ci chiediamo in quali altre occasioni ci sia stata una cattiva utilizzazione delle risorse pubbliche come questa senza che nessuno se ne occupasse o intervenisse. Per questo ora l’impegno del Governo e del Parlamento eve essere rivolto a vietare per legge il finanziamento pubblico di prodotti realizzati all’estero che imitano il vero Made in Italy. Occorre – ha concluso Marini – avere la forza di distinguere la vera internazionalizzazione da quelle forme di delocalizzazione aggravate dall’uso improprio del “marchio Italia” che danneggiano il Paese facendo perdere occupazione e svilendo il valore del Made in Italy, costruito con sacrifici da generazioni di imprenditori”.
Dopo la denuncia di Coldiretti a scendere in campo è stato lo stesso ministro dello Sviluppo economico Corrado Passera che, in una direttiva inviata il 9 marzo alla controllata Simest, ribadiva “l’assoluta necessità di contrastare e evitare la pratica dell’italian sounding (il falso made in Italy) da parte di imprese che, per le proprie iniziative di internazionalizzazione, usufruiscono di un supporto pubblico”.
Ma il finanziamento da parte dello Stato al finto made in Italy rappresenta solo uno dei troppi casi di disattenzione e sottovalutazione nei confronti di una delle poche leve competitive di cui il Paese dispone per ricominciare a crescere. Lo dimostrano le ultime dichiarazioni del Ministro dell’Ambiente Corrado Clini a favore degli Ogm che non tiene conto della crescente opposizione della maggioranza dei cittadini agli organismi geneticamente modificati in agricoltura perchè non pongono solo seri problemi di sicurezza ambientale e alimentare, ma perseguono un modello di sviluppo che è il grande alleato dell’omologazione e il grande nemico della tipicità, della distintività e del Made in Italy.
“A distanza di oltre un anno dell’ultima legge nazionale per rendere obbligatoria l’etichettatura di origine degli alimenti nessuno si è preso la responsabilità di applicarla per fare sapere agli italiani quello che mangiano – aggiunge presidente Marini -. Ma la sottovalutazione del patrimonio economico, sociale, ambientale, paesaggistico e culturale rappresentato dall’agricoltura e dal cibo italiano è evidente anche nell’introduzione dell’Imu, che chi con la terra ci lavora e ci vive si è visto aumentare in maniera maggiore di chi la terra la usa per divertirsi o speculare. Una sperequazione che contrasta completamente con gli obiettivi di equità e crescita e mette a rischio la produzione agricola Made in Italy con un costo per le imprese stimato in oltre un miliardo di euro fra terreni agricoli e fabbricati rurali, dalle stalle ai fienili fino alle cascine e ai capannoni necessari per proteggere trattori e attrezzi”. Non va poi dimenticato che l’agricoltura non è stata neanche invitata al tavolo del lavoro tra Governo e forze sociali nonostante occupi 1,2 milioni di lavoratori dipendenti oltre agli autonomi.