Domenica, giornata di pulizie in casa. C’è chi ha deciso di liberarsi di una pecora, e di gettarla tra i rifiuti. O meglio, fuori dai contenitori della raccolta differenziata. Anche perché difficilmente ci sarebbe entrata visto che era stata accuratamente sistemata in una vecchia valigia. Giusto per non dare troppo nell’occhio. Probabilmente, e soprattutto, anche per «contenere» l’odore acre dell’animale morto.
Eppure quella valigia ha incuriosito una pattuglia della polizia locale di Vicenza di passaggio lungo contrà Porta Padova, nel cuore della città. Quel contenitore piazzato all’esterno delle campane e dei cassonetti stonava troppo.
Così gli agenti hanno voluto metterci il naso, e hanno fatto la bizzarra scoperta. Maneggiata, la valigia, aveva infatti un peso consistente, così si è aperta la zip e voilà, ecco uscirne la pecora. Non di pezza, tantomeno di peluche. Nemmeno una statua maxi da piazzare nel prossimo presepe. Era vera, ma morta stecchita. Era pure munita di tatuaggio nell’orecchio, che avrebbe aiutato a risalire all’allevatore, ma qualcuno aveva visto bene di cancellare ogni dato.
Ma perché avere in casa un’animale non propriamente domestico come la pecora e liberarsene in quel modo? Esclusa l’ipotesi che la bestiola sia stata usata per qualche rito – di recente, nel periodo di Halloween erano stati trovati dei piccioni sgozzati e martoriati – si propende più per l’iniziativa di qualche straniero di religione musulmana che si preparava a celebrare la festa del sacrificio. Con la pecora appunto, che recuperata probabilmente in qualche allevamento o azienda agricola, sarebbe stata macellata e cucinata, ma non prima di aver appeso la carcassa, per far defluire il sangue, così come vuole il rito religioso. Ora, è probabile che qualcosa sia andato storto. Che l’animale sia morto prima del previsto, e per cause da accertare. Così il padrone se n’è dovuto sbarazzare in fretta e furia. E lo ha fatto senza troppa fatica, in barba alle regole: l’ha chiusa in una valigia e l’ha abbandonata fuori da un cassonetto.
Il Corriere del Veneto – 18 novembre 2014