Franco Pepe II “turno europeo” accende l’ospedale. Il decreto legislativo 66 del 2003, figlio di una direttiva europea di dieci anni prima che impone senza più possibilità di deroghe anche a medici e infermieri un intervallo di riposo di 11 ore fra un turno di lavoro e l’altro, promette battaglia a oltranza all’interno del San Bortolo.
Non sono bastati tre incontri e due tavoli tecnici fra amministrazione e sindacati del comparto. Venerdì, un’assemblea di dipendenti, fra infermieri, tecnici, oss, ha votato all’unanimità lo stato di agitazione e oggi alle 15 in prefettura la Rsu, guidata dal coordinatore Bonifacio Dal Bianco e dal vice Andrea Gregori, si troverà faccia a faccia con il direttore amministrativo nonché capo del personale Roberto Toniolo e altri esponenti del management Ulss. Al prefetto Solda toccherà dirimere una questione di non semplice soluzione che divide finora nettamente direzione e sindacati. Parecchie e complesse, infatti, le difficoltà legate a una norma che rivoluzionerà l’organizzazione del lavoro cancellando definitivamente schemi di orario in uso da anni che consentivano, in base alle necessità, di sopperire, con turni serrati, ad assenze improvvise, di far usufruire le ferie nei periodi desiderati, o anche di godere, con i cosiddetti turni brevi, di due giornate di riposo consecutive. Non solo si ingessano tutte le flessibilità, ma ora non sarà più possibile lavorare più di 48 ore la settimana ricorrendo agli straordinari. Dal 25 novembre tutto questo apparterrà per sempre al passato. La filosofia della legge è di tutelare la salute del lavoratore e di proteggere il paziente che, da un medico o da un infermiere stanco, con debito di sonno ultra-arretrato, potrebbe ricevere cure non adeguate. Se le regole non verranno rispettate, gli ispettori del lavoro potranno comminare multe salatissime. E a pagare non sarà l’Ulss ma personalmente i primari, responsabili della gestione dei reparti, anche se potrebbe essere chiamato m causa, sempre in solido, il direttore generale dell’azienda per non aver vigilato sull’organizzazione e non aver preso iniziative per ovviare alle carenze segnalate . «Abbiamo chiesto il confronto davanti al prefetto spiega Gregori – per il fatto che l’azienda intende applicare il decreto 66 ledendo il diritto costituzionale delle ferie. C’è il tentativo di farle slittare in alcuni reparti in cui sarebbe più problematico introdurre il turno europeo come le medicine di Vicenza e Noventa, la riabilitazione, l’ortopedia, la geriatria, il Suem. Oppure, in alternativa, si garantirebbero le ferie ma riducendo il numero delle persone che potrebbero farle. Noi questo non lo accettiamo e chiediamo che si sposti in avanti l’attuazione della legge fino a che dalla Regione non arrivino le autorizzazioni ad assumere».
In effetti l’Ulss ha spedito a Venezia due distinte note: la prima per ottenere l’autorizzazione ad assumere 10 medici e 35 fra infermieri, oss, ostetriche, autisti per il 118; la seconda per avere il nulla osta a poter sostituire immediatamente con provvedimento del direttore generale Ermanno Angonese i dipendenti che dovessero assentarsi all’improvviso per malattia o si mettessero in aspettativa. Una misura di emergenza che diventa indispensabile se si considera che, lasciando scoperti posti di lavoro per mancanza di personale, si potrebbe cadere nell’interruzione di pubblico servizio e nell’omissione di soccorso. Due reati. «Con il potenziamento dell’organico e la copertura delle assenze storiche – dice il dott. Tomolo – dovremmo riuscire a far fronte al turno europeo».
Il Giornale di Vicenza – 21 ottobre 2015