Può capitare anche nel ricco Nordest. Nel Veneto degli industriali e dei campi, dove apparentemente la mafia non esiste. E può capitare perché è qui che, ormai da qualche anno, le organizzazioni criminali hanno deciso di investire.
Così a Dueville, comune di 13mila anime in provincia di Vicenza, soffia un brutto vento di ‘ndrangheta sull’appalto per la costruzione della nuova caserma dei Carabinieri. La costruzione di quella struttura che dovrà ospitare la tenenza potrebbe essere finita in mano a un’impresa edile vicina a una famiglia calabrese con un pedigree criminale di tutto rispetto: i Iannazzo di Lamezia Terme. Questo, almeno, secondo l’inchiesta del Ros (il Raggruppamento operativo speciale dei carabinieri, ndr) di Padova.
Nei giorni scorsi i militari, coordinati dalla Dda di Venezia che ha in mano le indagini, si sono presentati nella sede della impresa lametina “Elle due costruzioni”, a Vicenza, e hanno portato via computer e incartamenti relativi alla caserma di Dueville. E oggi si apprende che i titolari dell’azienda edile Domenico, Gennaro e Pasqualino Longo (tutti e tre calabresi) sono indagati per corruzione e turbativa d’asta, con l’aggravante di aver agito con metodi mafiosi.
Secondo quanto stabilito dagli inquirenti, la cosca lametina – che dal 2000 al 2003 fu protagonista di una sanguinosa faida in Calabria chiusa con una decina di omcidi – avrebbe ormai da tempo puntanto gli occhi sugli appalti pubblici nelle regioni del Nord Italia. Quello relativo alla tenenza di Dueville fu indetto qualche mese fa dal Comune vicentino e i lavori per la nuova caserma sono già in corso.
Ben 700 mila euro sono stati girà erogati all’azienda, ma il sindaco di Dueville Giuseppe Bertinazzi pare aver espresso la volontà di togliere l’incarico alla “Elle Due”, che avrebbe comunque già accumulato un ritardo di 100 giorni nell’esecuzione dei lavori. La volontà del primo cittadino è quello di riaprire la gara d’appalto.
I Longo, da parte loro, hanno immediatamente presentato ricorso al Tribunale del riesame di Venezia, chiedendo la restituzione di documenti e computer. Ma il ricorso è stato respinto. E il sospetto che le imprese dei clan possano mettere le mani anche sulle caserme dei carabinieri si fa sempre più pesante. Anche al Nord.
ilsole24ore.com – 19 novembre 2012