Papabili e rottamabili dovranno fremere ancora un giorno o due, perché Matteo Renzi ha annunciato che le nomine di sottosegretari e vice si faranno nel prossimo Consiglio dei ministri, tra domani e dopodomani. È una partita delicata per il nuovo premier, un gioco di incastri, premi di consolazione e compensazioni, importante per puntellare il governo e stabilizzare la maggioranza.
Come risarcire i popolari Per l’Italia, che hanno «perso» un ministro di peso senza incassarne un altro? Come rassicurare la sinistra del Pd? E dove mettere il leader socialista Riccardo Nencini? Il capo del governo ha preso nota di tutte le richieste, ma non ha alcuna intenzione di far lievitare le poltrone per accontentare tutti. Aveva promesso una squadra snella e non ha cambiato idea: 16 ministri e un numero di sottosegretari e viceministri che oscilla tra 42 e 46. Ieri al partito Lorenzo Guerini, Luca Lotti e Dario Franceschini hanno fatto il punto sulla «spartizione» dei posti. La bozza del risiko passerà poi al vaglio di Graziano Delrio e, infine, dovrà avere il via libera di Renzi, determinato a resistere al pressing di chi chiede continuità con Letta. «Servono volti nuovi», è l’input che ha dato ai suoi.
La decisione forse più delicata è la delega agli Affari europei. Il premier vuole tenerla per sé, in vista del semestre. Ma il Quirinale ha chiesto continuità nel rapporto con l’Europa e starebbe esercitando una energica moral suasion in favore di Enzo Moavero Milanesi, che ha guidato quel dicastero sia con Monti che con Letta. Renzi resiste e soppesa tutte le ipotesi: affidare la delega a un ministro in carica, metterla nelle mani del giovane pd Sandro Gozi, nominare un capo dipartimento forte… Oppure accontentare i popolari, che hanno indicato il nome dell’ex responsabile della Difesa, Mario Mauro. Sempre che non prevalga la linea della continuità suggerita da Napolitano. Solo in questo caso Moavero (che è molto dubbioso) potrebbe accettare l’incarico.
Altro nodo è la delega alle Pari opportunità, sulla quale Alfano ha chiesto rassicurazioni in vista del probabile scontro sul tema dei diritti e delle coppie di fatto. Il viceministro Cecilia Guerra (Pd) ha forti probabilità di restare al suo posto, anche se gira il nome della cattolica Emma Fattorini. Tra i renziani sono in corsa Simona Bonafé, Angelo Rughetti (Interno), David Ermini e Lorenzo Guerini, per il quale il leader sta cercando un incarico di rilievo tra governo e partito. La sinistra pd ha chiesto l’ingresso di Nico Stumpo, Davide Zoggia e Umberto Del Basso De Caro e la conferma di Sesa Amici e Giovanni Legnini: il sottosegretario con delega all’Editoria è tentato di traslocare al Tesoro, ma è più probabile che resti dov’è visto l’alto gradimento di cui gode nel mondo dell’informazione. Agli Esteri riconferma in arrivo per Lapo Pistelli, mentre allo Sviluppo è dato in entrata il liberal Enrico Morando. Emanuele Fiano, in quota Franceschini, ha ottime chance. Assai meno ne avrebbe invece Marco Rossi Doria, ora all’Istruzione.
I popolari sono in grande agitazione. «Non è una questione di posti, c’è un problema politico profondo…», spiega Mario Marazziti, il cui nome è nella lista dei centristi papabili assieme ad Andrea Olivero, Angela D’Onghia, Lorenzo Dellai e all’udc Antonio De Poli, spinto da Casini. Pressoché certa la riconferma di Mario Giro agli Esteri, per le sue competenze su Africa e America Latina. Quanto al Ncd non può avanzare troppe pretese, visto che Alfano ha già tre ministri. Eppure Luigi Casero (come il pd Pierpaolo Baretta) non dovrebbe muoversi dall’Economia, dove potrebbe approdare anche Benedetto Della Vedova di Scelta civica. Ilaria Borletti Buitoni è in bilico alla Cultura. Simona Vicari terrà invece il suo posto allo Sviluppo, dove si parla di Carlo Calenda (Sc) e dell’economista Claudio De Vincenti come due postazioni blindate.
Monica Guerzoni – Corriere della Sera – 25 febbraio 2014