La Repubblica, Michele Bocci
MONTECASSIANO (MACERATA) — La sensazione di essere finiti in qualche stramba serie di Netflix all’inizio un po’ c’è. Succede quando nel corridoio bianco immacolato su cui affacciano le stanze coibentate dell’allevamento, spunta un grillo di due o tre centimetri che avanza lentamente. Non è il solo, a guardar bene. Se ne vedono altri, sembrano fuggiaschi ma forse sono solo un po’ disorientati. Comunque, non vanno lontano. «Eccone uno, lo rimettiamo a posto», dice piegandosi Jose Cianni, fondatore e ceo di Nutrinsect, che si è inventato tutto questo. A quel punto si apre la porta e si entra in una delle quattro stanze dove vivono per un mesetto 10 milioni di grilli.
C’è un odore forte, difficile da raccontare (il mangime? Gli insetti?) ma poco rumore perché non molti esemplari “cantano”. Sugli scaffali grandi scatole bianche dove vivono le colonie. In fondo, altre scatole, questa volta piatte, piene di terra su cui migliaia di grilli depongono le uova. «Anche 150 a testa ogni giorno», dice orgogliosoCianni. Eccolo il primo allevamento italiano autorizzato, da appena due giorni, a produrre farina di grillo per l’alimentazione umana. Smacco per i sovranisti alimentari, che ha portato tante persone a scrivere mail indignate all’azienda marchigiana. Siamo vicino a Macerata, a Montecassiano, in un classico capannone industriale. È questa la prima differenza con gli allevamenti tradizionali, il contesto. E poi salta agli occhi la ristrettezza degli spazi. Tra uffici e stanze dove vengono allevati e lavorati i grilli, saranno 3-400 metri quadrati. Bastano per produrre una tonnellata di farina al mese. Un’altra tonnellata arriva dal secondo stabilimento della Nutrinsect, a Parma.
Jose Cianni ha puntato sui grilli, insieme al fratello Robert, ormai tanti anni fa. «Nel 2011 abbiamo letto un articolo della Fao sul bisogno nel pianeta di proteine alternative e abbiamo iniziato a studiare. Nel 2020 abbiamo aperto il primo impianto per capire come allevare i grilli. Fino ad ora abbiamo usato le nostre farine per il pet food, il cibo per gli animali da compagnia ». L’autorizzazione alla vendita della farina di grillo, o meglio “polvere di acheta domesticus”, è arrivata dalla Ue l’anno scorso.
I grilli sono molto prolifici e oltretutto a Montecassiano la mortalità degli esemplari è vicina allo zero, così non ci sono problemi a mantenere in piedi la colonia. Gli insetti di oggi sono discendenti dei primi 10 mila acquistati in Germania dai fratelli Cianni, ormai quattro anni fa. Quando le uova si schiudono, i piccoli grilli vengono messi negli scatoloni, dove si creano le colonie. «Sono animali da tana e restano tutto il tempo con il loro gruppo», dice il fondatore dell’azienda. La temperatura delle quattro stanze dove sono tenuti è di 30 gradi, la luce segue il ciclo di quella solare. In azienda si sono inventati un sistema automatico per dare il mangime, a base vegetale, e l’acqua. Quando i grilli hanno 30 giorni e prima che diventino adulti, vengono portati nella quinta stanza. Qui sono messi nei frigoriferi e come dice Jose Cianni, «muoiono proprio come av viene in natura, quando arriva il freddo ». A quel punto, dopo un trattamento a caldo, vengono congelati e inviati a un’azienda che li trasforma in polvere liofilizzata.
Per ottenere un chilo di farina di grillo ci vogliono 5 litri d’acqua, contro i 15 mila necessari per lo stesso peso di carne rossa. Sempre per la stessa quantità di prodotto sono necessari 1,2 chili di mangime contro gli otto che servono per la carne. «Di energia elettricaspendiamo quanto una gelateria — dice Cianni — duemila euro al mese. Le stanze sono coibentate e mantengono il calore, la luce si spegne quando tramonta il sole».
Il 60% della farina di grillo è composta da proteine. È una sorta di superfood. Di cosa sa? Un po’ di semi di zucca salati, forse anche di noci. «È buona, i grandi chef se ne innamoreranno», dice il fondatore di Nutrinsect. Chissà, per adesso in effetti sembra un alimento da ricchi, visto che al chilo costa 60 euro. «Ma bisogna tenere conto che non si usa da sola. Va abbinata, ad esempio per fare i biscotti o la pasta, alla farina normale. E lequantità massime a seconda delle preparazioni sono stabilite dalla Ue e stanno tra il 5 e il 15 percento del peso totale». Uno dei crucci di questi giorni alla Nutrinsect è proprio convincere i tanti curiosi che nelle ricette ne serve una piccola quantità del loro prodotto.
Da quando, lunedì, Cianni ha annunciato di aver avviato la vendita della farina per l’alimentazione umana, sono arrivati centinaia di messaggi. C’è chi è interessato all’acquisto (la vendita ai privati è anche diretta, quella alle aziende passa da un grande distributore), chi vuole investire, chi chiede informazioni su come produrre. Poi ci sono quelli che polemizzano. «Sì, adesso il 90% delle mail sono critiche. Ma gli attacchi non ci danno fastidio, anzi li capiamo. La diffidenza è normale. Si pensa che gli insetti vengano da lontano e siano sporchi. Invece sono nostrani, crescono in un ambiente asettico, la filiera è tutta italiana». L’azienda, ha invitato il ministro Lollobrigida, paladino del sovranismo alimentare, a vedere l’allevamento e magari assaggiare pure lui un cucchiaino di farina. «È un prodotto nuovo, ci vorrà un po’ per abituarsi. Figurarsi che mia madre — chiude Cianni — in questi quattro anni non l’ha mai voluta provare. Eppure i grilli sono le aragoste degli insetti».