La manovrina di primavera taglia il traguardo della fiducia in Senato (con 144 «sì», 104 «no» e numerose assenze). Una corsa durata circa sei mesi che consente, come chiese Bruxelles nel gennaio scorso, di correggere i conti di quest’anno per 3,1 miliardi di euro, ripartiti sulle entrate per circa 2,9 miliardi e per il resto realizzati con tagli alla spesa per i ministeri. La voce «entrate» è soprattutto rappresentata dalla lotta all’evasione dell’Iva con l’estensione del cosiddetto «split payment» (versa l’Iva chi compra) alle partecipate pubbliche e alle top 40 quotate in Borsa (1 miliardo). Per il resto, aumenti veri e propri cadono su giochi e tabacchi.
Con l’approvazione della manovrina, lo sguardo corre rapidamente alla preparazione della legge di Bilancio del prossimo anno. «Impegni mantenuti senza nuove tasse, abbiamo messo fieno in cascina per un po’ più di 5 miliardi per l’anno prossimo», ha commentato il premier Gentiloni. Il riferimento è soprattutto ai passaggi che hanno permesso, grazie alla diplomazia del ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, di ridimensionare notevolmente la questione dell’aumento dell’Iva previsto per il 2018. Dai «vecchi» 19,6 miliardi, con la manovrina approvata ieri si «sterilizzano » circa 4 miliardi di aumenti, scendendo a quota 15,6 miliardi: se Bruxelles darà il via libera alla nostra richiesta di un ulteriore sconto (e qualche segnale potrebbe venire dall’Ecofin di oggi) si scenderebbe – secondo fonti vicine al dossier – a 6,8 miliardi. Sostanzialmente, in parte con un intervento sui conti e in parte con un aumento del deficit, per scongiurare definitivamente ogni aumento di Iva (previsto dal 22 al 25 per cento) «basteranno » 6,8 miliardi. Le prime valutazioni tecniche portano la manovra «minima» 2018 a circa 10 miliardi con l’aggiunta di alcuni interventi quasi obbligati (come le missioni militari, il 5 per mille ecc.) e delle risorse dovute per il rinnovo dei contratti della pubblica amministrazione. Questa sarà la cifra di partenza alla quale si dovranno aggiungere le politiche per consentire all’Italia di non perdere il treno della ripresa europea: in prima battuta c’è il taglio del cuneo fiscale triennale per le assunzioni di giovani a tempo indeterminato, ma in lista d’attesa ci sono anche il rinnovo degli incentivi per Industria 4.0 e gli interventi per la famiglia. La parte «risorse» è ancora tutta da scrivere ma un ruolo fondamentale lo avrà l’introduzione, obbligatoria, della fatturazione elettronica tra privati (ogni fattura va all’Agenzia delle entrate) in grado di fornire da sola un paio di miliardi; si ragiona su 2-3 miliardi di interventi sulla spesa di ministeri ed enti locali, mentre è pronta la riapertura del dossier sulle tax expenditures dalle quali si punta a ricavare circa 1 miliardo. Chiusa invece la strada, come ha detto nelle ultime ore il segretario del Pd Renzi, di un rientro della tassa sulla prima casa, chiesta a viva voce da Ue, Fmi e Ocse.
Benché le questioni aperte in autunno siano molte, la «Finanziaria » di profila – con le ultime mosse di Padoan a Bruxelles – leggera. Molte misure sono entrate nei 66 articoli della manovrina approvata ieri dal Senato dove hanno trovato posto la nuova versione dei voucher (Mdp è uscito dall’aula per protesta), il prestito-ponte da 600 milioni per Alitalia, la fusione tra Fs e Anas, l’eliminazione delle monetine da 1 e 2 centesimi, le risorse (1,3 miliardi) per l’assunzione di 15 mila precari della scuola. Oltre al miliardo per le zone terremotate. Arriva un pacchetto di norme per regolarizzare e far pagare le tasse all’economia digitale: web tax transitoria, tassa “Airbnb” con cedolare secca al 21 per cento sugli affitti, frenata alla piattaforma di trasporti Flixbus.
Repubblica – 16 giugno 2017