L’accordo definisce la nuova cornice entro la quale avranno luogo i rinnovi contrattuali del triennio 2016-2018. I comparti di contrattazione passano da 11 a 4. Il comparto Sanità riguarda 531.000 occupati. Aran: “Ora si può aprire la stagione dei rinnovi contrattuali”. Aran e Sindacati hanno firmato in via definitiva l’accordo quadro nazionale che ridefinisce i nuovi comparti e le nuove aree di contrattazione del pubblico impiego. L’accordo sottoscritto ieri, dopo una delicata ed impegnativa trattativa iniziata a fine 2015, definisce la nuova cornice entro la quale avranno luogo i rinnovi contrattuali del triennio 2016-2018. “E’ un accordo importante – si legge in una nota dell’Aran – che consente di riaprire la stagione negoziale, dopo molti anni di blocco della contrattazione, e che cambia in profondità l’assetto del sistema contrattuale pubblico”. I comparti di contrattazione passano da 11 a 4, in linea con la norma di legge che pone un tetto massimo di quattro al numero dei comparti (art. 40, comma 2 del decreto legislativo n. 165 del 2001). Il testo
L’effetto più immediato sarà quello di una notevole semplificazione dell’attività negoziale: in passato, per gli 11 comparti e le 8 aree dirigenziali era necessario concludere 38 accordi per ogni quadriennio; oggi, gli accordi da fare scenderanno ad 8 per triennio contrattuale.
L’accordo ha inteso semplificare, ma non annullando completamente le differenze (di funzioni, di professionalità) che caratterizzano il sistema amministrativo italiano. In questa ottica, è stata mantenuta la distinzione tra PA centrale e PA regionale e locale e si è tenuto conto, in special modo con riferimento alle aree dirigenziali, del nuovo profilo dell’organizzazione amministrativa, disegnato nell’ambito della riforma della pubblica amministrazione, recentemente varata dal Governo.
I nuovi comparti sono:
– Funzioni centrali, nel quale confluiscono gli attuali comparti Ministeri, Agenzie fiscali, Enti pubblici non economici ed altri enti;
– Funzioni Locali, che conserva il perimetro dell’attuale comparto Regioni-autonomie locali;
– Istruzione e ricerca, nel quale sono compresi gli attuali comparti Scuola, Accademie e conservatori, Università, Enti pubblici di ricerca ed altri enti;
– Sanità, che non muta sostanzialmente la sua fisionomia, ricomprendendo gli enti ed aziende dell’attuale comparto Sanità.
Il comparto Funzioni centrali conterà circa 247.000 occupati; il comparto Funzioni locali, 457.000; il comparto Istruzione e ricerca, 1.111.000; il comparto Sanità, 531.000 (dati riferiti al 2014, Elaborazione Aran su dati conto annuale RGS).
In stretto collegamento con i quattro comparti, l’Accordo ha anche operato una ridefinizione delle aree dirigenziali, cioè degli ambiti sui quali saranno negoziati gli specifici accordi riguardanti la dirigenza pubblica.
Le nuove aree dirigenziali sono:
– Area delle Funzioni centrali, comprendente i dirigenti delle amministrazioni che confluiscono nel comparto Funzione centrali, cui si aggiungono i professionisti e i medici degli enti pubblici non economici;
– Area delle Funzioni locali, nel quale trovano collocazione i dirigenti degli enti del comparto Funzioni locali; i dirigenti amministrativi, tecnici e professionali degli enti ed aziende del comparto Sanità; i segretari comunali e provinciali;
– Area dell’Istruzione e della ricerca, comprendente i dirigenti del comparto Istruzione e ricerca;
– Area della Sanità, all’interno del quale sono collocati i dirigenti degli enti ed aziende del comparto Sanità, ad eccezione dei dirigenti amministrativi, tecnici e professionali.
Le nuove aree dirigenziali avranno queste dimensioni: circa 6.800 occupati nell’area delle Funzioni centrali; 15.300 nell’area delle Funzioni locali; 7.700 nell’area Istruzione e ricerca; 126.800 nell’area della Sanità (dati riferiti al 2014, Elaborazione Aran su dati conto annuale RGS).
Per accompagnare la transizione al nuovo assetto contrattuale, le parti hanno stabilito una breve finestra temporale all’interno della quale i sindacati potranno realizzare processi di aggregazione o fusione. Si tratta di una previsione che intende agevolare il percorso verso il nuovo assetto della rappresentatività sindacale del pubblico impiego.
COSMED. ORA LEGGE DI STABILITÀ DEVE RENDERE PRATICABILI I RINNOVI
“La firma odierna del contratto quadro sulle aree e i comparti segna il definitivo completamento di un lungo iter legislativo e negoziale che ha portato al riconoscimento dell’area autonoma della dirigenza medica e sanitaria che disporrà di un proprio contratto autonomo, specifico e distinto. E’ stata accolta pertanto la richiesta fondamentale della Confederazione – commenta Giorgio Cavallero, Segretario Generale della COSMED (Confederazioni Medici e Dirigenti) – e di tutte le sigle che la compongono con il riconoscimento della specificità della dirigenza medica e sanitaria.
“Continueranno – prosegue il comunicato – a far parte del contratto della dirigenza sanitaria del SSN anche i medici e i dirigenti sanitari delle ARPA. Viceversa la dirigenza tecnica, professionale ed amministrativa del SSN trova adeguata collocazione nell’area della dirigenza delle Regioni e delle autonomie locali; le sigle della dirigenza amministrativa di Regioni e SSN mantengono la loro rappresentatività e tutte le loro prerogative negoziali in uno specifico e distinto contratto. E’ stata ribadita la collocazione nelle aree dirigenziali dei medici e dei sanitari del Ministero della salute e degli enti pubblici (AIFA, CRI) nonché dei medici e dei sanitari che operano negli Enti pubblici non economici (INAIL e INPS) e tutti i professionisti aggregati in precedenza alla dirigenza. Tutti questi soggetti faranno parte della dirigenza delle Funzioni Centrali”.
“La firma del contratto quadro rende possibile l’apertura dei tavoli negoziali per il rinnovo di tutti i contratti di categoria che nel pubblico impiego sono fermi da 7 anni: adesso – prosegue Cavallero – non ci sono più alibi o ostacoli normativi per la riapertura della stagione negoziale, fermo restando la necessità di adeguare le disponibilità economiche per i rinnovi contrattuali.Appare decisivo un intervento nella prossima legge di stabilità che implementi le risorse disponibili sia direttamente che indirettamente mediante decontribuzioni e detassazioni delle parti variabili dei salari e degli aumenti stipendiali, l’estensione al settore pubblico delle agevolazioni del cosiddetto “welfare aziendale”, il recupero dei tagli lineari ai fondi contrattuali aziendali che in questi anni hanno ridotto le retribuzioni effettive.Parallelamente dovranno cessare i tagli al pubblico impiego che in questi anni ha perso oltre 300.000 posti di lavoro e ha visto aumentare il lavoro precario.”
“La spesa complessiva per le retribuzioni dei dipendenti pubblici si è ridotta di 13 miliardi annui – conclude – . Se il lavoro pubblico non deve essere la vittima sacrificale per altre operazioni, i tagli devono cessare e i risparmi vanno redistribuiti per difendere i servizi pubblici e la dignità dei dipendenti che vi lavorano.La questione è strettamente politica e implica delle scelte immediate da parte dell’esecutivo”.
Fonte: Quatidiano sanita – 14 luglio 2016