Quanto allo stipendio c’è un’idea seminuova, avanzata dal Pd: perché non parametrarlo a quello del sindaco di Venezia, città capoluogo di Regione? Sull’assegno di fine mandato, invece, sono già tutti d’accordo: va abolito, punto. Infine, i vitalizi: eliminati da questa legislatura, l’ipotesi di cancellarli retroattivamente fa mugugnare più di qualcuno perché si rischiano lunghi contenziosi e sonore sconfitte davanti alla Consulta.
La commissione Affari istituzionali del consiglio regionale ha iniziato ieri la discussione sui cinque disegni di legge per il contenimento dei costi della politica presentati a inizio legislatura praticamente da tutti i partiti. In campagna elettorale, d’altra parte, gli aspiranti presidenti se le cantarono di santa ragione sull’argomento, poi tutto è finito sotto silenzio per sei mesi, fino a quando un battibecco tra il capogruppo del M5s Jacopo Berti («Mi vergogno della mia busta paga di dicembre») e quello della Lega Nicola Finco («Impara a leggere, c’è il conguaglio Irpef») non ha rinfocolato la polemica anti Casta e riportato i tagli all’ordine del giorno. Ora, per dirla come fossimo al tavolo da poker, si è arrivati allo showdown : i progetti di legge sono sul piatto, si tratta solo di approvarli. I Cinque Stelle hanno ritirato il loro, «di gruppo», per convergere su quello della collega Patrizia Bartelle, considerato più aggiornato, che propone l’abolizione tout court del vitalizio, della pensione, della reversibilità e dell’assegno di fine mandato. Poi c’è la proposta firmata dalla Lega e dalla lista Zaia, per la sola abolizione dell’assegno di fine mandato. I partiti del governatore, quanto ai vitalizi e le pensioni, suggeriscono invece di procedere con un progetto di legge statale, di quelli che dopo l’approvazione in consiglio devono passare il vaglio del parlamento. Poi c’è il progetto di legge d’iniziativa popolare messo a punto dal comitato «Zero privilegi», depositato nell’ormai lontano 2012 (il comitato nel frattempo s’è sciolto), che oltre che sull’assegno di fine mandato, i vitalizi e la reversibilità va ad incidere sulle indennità e la diaria dei consiglieri, arrivando a suggerire perfino la vendita in blocco del parco auto e motoscafi blu. Non bastassero, a queste proposte si è aggiunta ieri, sempre in tema indennità, pure quella del Pd, che ipotizza di equiparare lo stipendio dei consiglieri regionali a quello del sindaco di Venezia. Una strada a suo tempo indicata anche dal gruppo di Tosi, che annunciò pure una proposta di legge che però, a quanto riferiscono dalla commissione, non è mai stato depositato. Ad ogni modo, se mai dovesse passare la leggina dem , certo sarebbe una bella botta per i consiglieri (da 160 a 86 mila euro lordi l’anno, busta paga dimezzata) ma la mossa è furbetta perché, a leggerla bene, non fa altro che ricalcare quanto già previsto dalla riforma Boschi: «Il sistema di elezione e i casi di ineleggibilità e di incompatibilità del presidente e degli altri componenti della giunta regionale nonché dei consiglieri regionali – si legge nel nuovo articolo 122 della Costituzione – sono disciplinati con legge della Regione nei limiti dei principi fondamentali stabiliti con legge della Repubblica, che stabilisce anche la durata degli organi elettivi e i relativi emolumenti nel limite dell’importo di quelli attribuiti ai sindaci dei Comuni capoluogo di Regione ». Se la riforma costituzionale passerà il referendum in agenda per ottobre, insomma, la sforbiciata sarà automatica, senza bisogno di alcun voto da parte del consiglio regionale.
«Tant’è, in mezzo ad un vociare in cui tutti cercano solo di ritagliarsi il loro spazio di celebrità, la nostra è la proposta più seria, fattibile, in linea con le modifiche apportate alla Costituzione – spiega il vice presidente dem della commissione Stefano Fracasso – e non prevede l’equiparazione tra sindaco e consiglieri solo in tema di stipendi ma anche quanto alla pensione, facendo piazza pulita dei vitalizi ed introducendo un vero sistema di tipo contributivo, esattamente com’è oggi per i primi cittadini». E i rimborsi spese? «Pagati a piè di lista dietro presentazione di fatture e scontrini. Si tratta di soluzioni che hanno già avuto il via libera della Corte dei conti». Va da sé che fino a che non si conoscerà l’esito del referendum sulla riforma Boschi in consiglio non approderà un bel nulla, in ogni caso ora si metterà al lavoro una sub-commissione ristretta, con l’obiettivo di mettere a punto un testo condiviso, che faccia sintesi delle varie proposte: «Da parte nostra c’è la massima apertura – chiosa un insolitamente conciliante Jacopo Berti, M5s – a noi interessa che si raggiunga il risultato: via tutti i vitalizi, dalla prima legislatura ad oggi; giù gli stipendi, per noi vanno benissimo 5 mila euro lordi al mese più i rimborsi rendicontati; via il Tfr. Purtroppo c’è chi fa melina, come la Lega con il progetto di legge statale, che non si realizzerà mai, morirà a a Roma». Sospira il presidente della commissione, in leghista Marino Finozzi: «Eh, ci vuole pazienza e molta cautela. Sugli stipendi è sostanzialmente tutto bloccato fino a ottobre, quando conosceremo le nuove regole del gioco. Sui vitalizi c’è il nodo contenziosi e i precedenti non sono favorevoli. Sull’assegno di fine mandato, invece, siamo tutti d’accordo, sarà eliminato». E non stiamo parlando di bruscolini: 38 mila euro ogni 5 anni passati a Palazzo Ferro Fini.
Marco Bonet – Corriere del Veneto – 31 marzo 2016