È all’esame della Commissione Salute delle Regioni il testo pressoché definitivo dell’Accordo Stato Regioni sulla determinazione del fabbisogno per l’anno accademico 2017-18 dei laureati magistrali a ciclo unico, delle professioni sanitarie e dei laureati magistrali delle professioni sanitarie. I numeri sono quelli concordati dal ministero della salute in condivisione con le categorie e le Regioni durante l’incontro del 23 marzo scorso. Ora la tabella di marcia del provvedimento dovrebbe essere serrata e senza intoppi.
Se le cifre saranno cinfermate, la proposta del Ministero della Salute alla Conferenza Stato-Regioni potrebbe comportare una riduzione dei posti messi a bando dalle Università lo scorso anno: Medicina e Chirurgia con gli 8.700 del Ministero Salute perderebbe 524 posti, pari al -5,7% a fronte dei 9.224 a bando lo scorso anno. Per Veterinaria, rispetto ai 520 del Ministero Salute il taglio sui 717 dello scorso anno sarebbe di 197 posti (-27%). Per le professioni sanitarie, con il ministero Salute che chiede 23.588, si taglierebbero 1.617 posti sui 25.205 a bando lo scorso anno (-6,4%).
Dal momento che il 5 settembre prossimo è previsto il test di ingresso per Medicina e Chirurgia (8.700 posti) mentre il test per le 22 professioni sanitarie è fissato al 13 settembre e che almeno 60 giorni prima gli Atenei hanno l’obbligo di pubblicare i bandi, è evidente che la Conferenza Stato Regioni dovrebbe esprimere il suo assenso entro metà giugno per poi inviare tutto al ministero dell’Università che dovrà emanare i decreti con le disponibilità definitive e le ripartizioni per regioni e singoli atenei a fine giugno. Solo così le Università potranno pubblicare i bandi i primi di luglio.
Il fabbisogno formativo è determinato sulla base delle stime di domanda futura di professionisti sanitari espresse dai sistemi sanitari regionali e dal sistema nazionale nel suo complesso, ossia considerando i servizi sanitari erogabili sia dal settore pubblico sia dal settore privato inclusi i libero professionisti. Proiezioni che devono tenere d’occhio la sostenibilità economica del sistema nel suo complesso e abbracciare un orizzonte temporale non inferiore a venti o venticinque anni, a seconda della durata del percorso formativo universitario. Tra le variabili considerate: i cambiamenti demografici della popolazione di riferimento per ogni professione sanitaria, i cambiamenti nelle modalità di erogazione dei servizi sanitari, le quantità di professionisti attivi sul mercato del lavoro. (Il Sole 24 Ore sanità)
18 maggio 2017