Le scelte definitive sulla manovra arriveranno solo nella seconda metà di settembre. Anche per quello che riguarda la composizione della nuova spending review. Ma il ministero dell’Economia con un’apposita circolate ha comunque ribadito, sulla base delle misure già esistenti, l’obbligo per le amministrazioni centrali di effettuare acquisti di forniture «tramite la Consip».
Per la “spending 2.0” in arrivo al momento l’unico dato certo è che nel 2016 dalla revisione della spesa dovranno arrivare a 10 miliardi. Ma appare già più che probabile che dall’intervento sul capitolo delle tax expenditures vengano recuperati non più di 1,5 miliardi. L’asticella si dovrebbe fermare tra gli 1,1 e gli 1,3 miliardi. Le aree maggiormente nel mirino sono quelle dei trasporti e dell’agricoltura. Ancora in bilico la revisione delle agevolazioni più strettamente legate all’Irpef e al welfare. Palazzo Chigi non sembra troppo affascinato dall’idea di fare leva sulle agevolazioni sanitarie o su quelle per la scuola. Ma l’opzione resta sul tappeto. Anche se con una precisa condizione: è infatti rispuntata l’ipotesi di agire per fasce di reddito, quindi con un criterio di selettività, nel caso in cui si decidesse di intervenire su questo versante.
Quanto agli altri capitoli del piano sulla nuova spending, alla quale sta lavorando il commissario Yoram Gutgeld anche sulla base delle indicazioni provenienti da Roberto Perotti e da tutti i 15 “cantieri” attivati, è ormai certo che il grosso dei risparmi arriverà dai ministeri e dagli acquisti della Pa con una ricaduta sulla sanità.
Intanto il ministero dell’Economia con una circolare indirizzata a tutte le amministrazioni statali (quelle centrali, in primis i ministeri) ha ribadito che tutti gli acquisti dovranno passare obbligatoriamente per la Consip. Il messaggio ai dicasteri è chiaro: nella fase di programmazione non potranno essere utilizzati “escamotage”, gli approvvigionamenti dovranno essere effettuali solo con il sistema della centralizzazione degli acquisti. La circolare, firmata dal Regioniere generale dello Stato, Daniele Franco, e dal Capo dipartimento per l’amministrazione generale (Dag) del Mef, Luigi Ferrara, ricorda che il programma di razionalizzazione degli acquisti, implementato nel tempo da diverse disposizioni normative, mira a razionalizzare e ottimizzare la spesa pubblica riducendo i costi grazie all’aggregazione della domanda.
Nel documento si sottolinea che eventuali eccezioni all’utilizzo del metodo Consip saranno possibili solo avendo come benchmark i prezzi e le condizioni contrattuali proposti dalla stessa Consip. In altre parole le amministrazioni centrali, a partire dai ministeri, dovranno operare un raffronto tra fattori di comparazione omogenei (ad esempio tra prezzi della convenzione Consip di durata settennale e prezzi relativi al contratto stipulato al di fuori degli strumenti di acquisto centralizzati di pari durata settennale) con particolare attenzione alle prestazioni contrattuali principali e alle caratteristiche essenziali dell’oggetto delle stesse “prestazioni contrattuali”.
Sulle dimensioni complessive della manovra, i tecnici continuano a lavorare su una “stabilità” che oscilla tra i 25 e i 30 miliardi. La flessibilità aggiuntiva da sfruttare, facendo leva sulla clausola investimenti, dovrebbe essere di circa 6 miliardi, che si aggiungerebbero ai 6,4 miliardi già contabilizzati nel Def (clausola riforme) e ai 4,4 già scontati con la scorsa stabilità. In tutto circa 17 miliardi. La manovra potrebbe non contenere le nuove misure sulla flessibilità in uscita per le pensioni. Sul tappeto c’è anche l’opzione che prevede il ricorso a un provvedimento autonomo in alternativa alla collocazione nella legge di stabilità. Il tutto, in ogni caso, con un impatto nullo, o quasi, sul quadro di finanza pubblica.
Il Sole 24 Ore – 1 settembre 2015