Uno studio recente prodotto dal Centro Italiano Studi Elettorali (CISE) ci aiuta a capire meglio, in vista delle prossime elezioni europee, uno dei temi rilevanti della politica italiana: il complicato rapporto tra Lega e Fdi nel Nord-Est del paese, cioè in Lombardia, Veneto e Friuli-Venezia Giulia. Alle ultime elezioni politiche nel 2022 in queste tre regioni, ancora oggi governate da esponenti leghisti, il partito della Meloni ha colto un successo clamoroso. Non solo è risultato il primo partito a livello regionale ma lo è stato anche nel 96% dei comuni, ovvero 2.357 su 2.450. Lo ha fatto sostituendo nella stragrande maggioranza dei casi (2.107) proprio la Lega, su cui ha annullato e ribaltato a proprio favore il distacco esistente nel 2018, con un cambiamento medio di 48 punti percentuali in ciascun comune. In un piccolo paese del vicentino, Foza, c’è stata l’inversione di voti più clamorosa: Fdi è salita dal 4 al 47% mentre la Lega è scesa dal 61 al 24,5%.
Le due mappe in pagina mettono bene in evidenza il mutamento complessivo intercorso tra 2018 e 2022 in questa area e il conseguente cambiamento dei rapporti di forza tra Fdi e Lega. I due partiti sono alleati al governo ma sono in competizione sul territorio per gli stessi elettori. L’analisi dei flussi del Cise conferma questo punto. Il successo di Fdi nel 2022 è stato largamente dovuto alla sua capacità di sottrarre voti al partito di Salvini. Più della metà di chi aveva votato Lega nel 2018, ha scelto Fdi nel 2022. Il partito di Salvini ha riconfermato solo 1 elettore su 3. Qualcosa di diverso è avvenuto in Forza Italia: meno del 30% dei suoi elettori del 2018 ha votato Meloni nel 2022. Una percentuale appena maggiore, però, si è astenuta, preferendo quindi non ricollocarsi tra gli altri due partiti della coalizione. Sono elettori in attesa di eventi e di stimoli per tornare nel mercato elettorale. Da loro potrebbe dipendere il sorpasso di Forza Italia sulla Lega alle prossime europee.
La disponibilità degli elettori del centro-destra a cambiare il proprio voto all’interno dello stesso schieramento tra una elezione e l’altra non è una novità. Ma nel passato i due partiti interessati da questi flussi erano soprattutto Forza Italia e Lega. Il merito di Giorgia Meloni è quello di aver fatto di Fdi una alternativa di voto accettabile al pari degli altri due partiti. Il fenomeno si coglie bene con i diagrammi di Eulero-Venn come fa vedere lo studio del Cise sulla base di dati che provengono da un’indagine campionaria condotta dal gruppo di ricerca Itanes alla vigilia delle elezioni del 2022. Oggi gli elettorati dei tre maggiori partiti del centro-destra sono largamente sovrapponibili. La cosa è molto rilevante politicamente perché questo rende la loro alleanza più facile ma allo stesso tempo aumenta il livello della competizione all’interno della coalizione.
Largamente sovrapponibili non vuole dire però che lo siano completamente. Infatti ogni partito ha un suo elettorato esclusivo, fatto cioè di elettori che difficilmente voteranno per gli altri partiti. Anche da questo punto di vista Fdi è messa meglio dei suoi alleati. Infatti il suo zoccolo duro è pari circa a un terzo del proprio peso. Molti meno sono invece gli elettori esclusivi del partito di Salvini (neppure un quinto del totale) e quelli del partito guidato da Tajani (circa un elettore su dieci).
In sintesi nel Nord il partito di Giorgia Meloni ha preso il posto che una volta era occupato da Forza Italia e Lega. Eppure questo successo elettorale non si è ancora tradotto in potere locale. Infatti Fdi non è al governo in nessuna regione del Nord. La Lega di Salvini controlla Lombardia, Veneto, Friuli Venezia-Giulia e la Provincia Autonoma di Trento. Forza Italia ha il Piemonte. Persino Noi moderati, un partito accreditato dai sondaggi intorno all’1% , guida la Liguria con Giovanni Toti. Va da sé che questi sono rapporti di forza ormai datati. E a pesare è soprattutto la sovra-rappresentazione della Lega, che esiste sia a Roma in Parlamento che nei territori.
La battaglia persa da Salvini sul terzo mandato per i governatori regionali è un segnale chiaro di quelle che sono al riguardo le intenzioni di Fdi. Per due volte, prima in commissione e poi in aula, la Lega ha cercato di introdurlo e per due volte Fdi ha votato contro. La posta in gioco è proprio il Nord. Senza terzo mandato il controllo leghista della Lombardia e del Veneto è a rischio. Con due governatori uscenti che avrebbero potuto ricandidarsi sarebbe stato difficile per Fdi rivendicare le due candidature. Sgomberando il terreno dagli uscenti diventa difficile per Salvini pretendere di mantenere la guida delle due regioni in cui il peso del suo partito è molto inferiore a quello della Meloni. Insomma, non è nell’ordine naturale delle cose che un partito come Fratelli d’Italia che vuole essere il perno del sistema politico non governi nessuna regione del Nord, il cuore economico del Paese, e complessivamente governi solo nelle Marche, in Abruzzo e nel Lazio.
Quanto al centro-sinistra lo studio del Cise contiene una conferma e una novità. La prima riguarda la differenza tra i suoi consensi nelle città più grandi e nei piccoli centri. In questi ultimi il partito dominante è Fdi che nei comuni del Nord-Est sotto i 15.000 abitanti ha preso più del 30 % dei voti. Come si vede nella mappa, è solo nelle zone urbane che il centro-sinistra risulta essere il primo partito. Più ci si allontana da lì, più i suoi consensi calano e aumentano quelli di Fdi. Sono decenni che il fenomeno avviene e nulla è stato fatto concretamente per trovare un rimedio.
La novità si coglie nel diagramma sulla sovrapponibilità degli elettorati dei partiti di centro-sinistra. A differenza di quello che abbiamo scritto a proposito del centro-destra, Pd e M5s sembrano avere elettorati più differenziati. Quindi in questo schieramento la competizione dovrebbe essere meno serrata e i rapporti di forza dovrebbero tendere ad essere più stabili. Se questa ipotesi è corretta le conseguenze sono due. È più difficile che un partito si rafforzi significativamente a spese dell’altro. Ma è anche più difficile realizzare delle convergenze sui programmi per non correre il rischio di perdere elettori appartenenti al proprio zoccolo duro. I complicati rapporti tra i due partiti, che la cronaca politica rivela quotidianamente, avvalorano questa spiegazione. Vedremo se le elezioni europee di Domenica, che si svolgono con un sistema proporzionale, forniranno una ulteriore conferma. Resta il fatto che proteggere a tutti i costi il loro elettorato esclusivo li condanna a sconfitte sicure. Naturalmente questo non vale per le europee di domenica, ma vale per tutte le altre elezioni- locali e nazionali- dove si vota con sistemi sostanzialmente maggioritari.