Camporese (Adepp): garantire meglio l’indipendenza. E via la doppia tagliola su rendimenti annuali e pensioni. Le richieste dei professionisti in vista delle elezioni
L’avvicinarsi della scadenza elettorale fa moltiplicare gli appelli di varie categorie della società civile alla politica. Un richiamo arriva anche dal mondo delle professioni e in particolare dalla previdenza. L’Adepp (l’Associazione delle casse previdenziali private) ha redatto un vero manifesto per fotografare la situazione attuale del mondo professionale e per avanzare le richieste mirale a chi si candida a governare il paese.
Sempre meno giovani Il primo aspetto accertalo dal-l’Adepp è la condizione sociale e occupazionale dei professionisti, colpiti duramente dalla crisi. Per esempio, secondo il Miur (il mini-stGro dell’istruzione e dell’Università), per il quinto anno consecutivo, anche nel 2011 si è registralo un calo del 7,5% tra i laureati che sostengono l’esame di abilitazione alla professione. Un dato che, se si considera quel 2(07 prima della crisi, tocca un -21,6%. E la motivazione di un calo cost repentino non è certo la difficoltà degli esami di Stato ma una prospettiva di futuro incerto che vede i giovani passare mesi e spesso anni a fare il praticantato o il tirocinio negli studi lavorando come liberi professionisti a partita Iva pur svolgendo un lavoro dipendente a tutti gli effetti. Ma non solo. Esiste anche una percentuale (risicata) di giovani che riescono a mettersi in proprio allestendo uno studio con i risparmi della famiglia (perché di accesso al credilo non se ne parla proprio). Ma devono mettere in conto dieci anni di guadagni che spesso si aggirano intorno agli 800 euro mensili, quando non sfiorano la soglia della povertà (300/5(X) curo). Insomma, in simili condizioni, la professione sembra riservata solo ai «figli d’arte». «Abbiano svolto analisi ad ampio raggio — dice Andrea Camporese, presidente dell’Adepp —. Tutti i dati in nostro possesso ci dicono che gli iscritti hanno subito pesantemente la crisi e non si intravede alcun bagliore che indichi come e quando si uscirà dal tunnel. Malgrado questo, siamo di fronte ad un’assenza preoccupante di politiche e di misure di sostegno a favore dei professionisti italiani. In piena solitudine, in un gesto di grande responsabilità verso i nastri iscritti e verso il nostro Paese, abbiamo deciso di mettere in campo idee per la crescila dell’occupazione. Da qui la nascita del Manifesto».
Professione precario Del resto anche leggendo l’indagine dell’Acta (sindacalo dei knowledge workers, i lavoratori della conoscenza) emerge che il 30% dei professionisti guadagna mensilmente meno’ di 1.000 euro lordi e il 25% tra i mille e i 1.5(X). Cifre che non riguardano solo il giovane laurealo, ma sono estese al 42’s’ dei professionisti trentenni. F la dimostrazione che la professione non assicura più un ascensore sociale, al punto che il 15% dei giovani professionisti sta cercando un altro lavoro e il 31% degli intervistali se avesse la possibilità cambierebbe attività. Il 47,6% del campione interpellalo da Acta si sente più precario che imprenditore. Ma, in un simile scenario, che cosa ci si può attendere dalla politica? «Alla vigilia del voto — osserva Camporese — gli schieramenti hanno il dovere di rispondere ad alcune domande contenute del Manifesto che abbiamo presentalo. Ci attendiamo risposte in tema di indipendenza: non è più rinviabile un’inequivocabile e più precisa conferma legislativa delle funzioni e dell’autonomia delle Casse privale e privatizzate, rappresentate dall’Adepp. Chiediamo prese di posizione nelle in tema di tassazione: la previdenza privala italiana resta di gran lunga la più vessala d’Europa. L’aliquota del 20 per cento sulle rendite finanziarie annuali si somma ad una serie di ulteriori imposizioni fino alla tassazione, secondo gli scaglioni irpef. delle rendite erogate. Serve un riallineamento ai parametri comunitari innescando un circuito virtuoso tra sostegno alla professione, maggior reddito e maggiori entrale, a favore degli iscritti e dello stesso Stato. Inoltre, previdenza e lavoro sono vasi comunicanti che, per essere efficienti, devono essere tenuti insieme ed assistiti. Senza lavoro non c’è previdenza. Le casse, in questo contesto economico, non devono essere solo contabili che gestiscono i contributi degli iscritti. Le casse, possono svolgere un importante ruolo sussidiario nell’accompagnamento dell’intera vita lavorativa del professionista fino a giungere all’erogazione del trattamento pensionistico».
Queste alcune delle richieste più importanti. Altre arrivano dalla base, come accertato dalla ricerca di lres Cgil. I professionisti chiedono tutele certe in caso di malattia ed infortunio, sostegno’ al reddito in caso di disoccupazione, semplificazione degli adempimenti amministrativi. accesso al credito. E in materia previdenziale chiedono il ricongiungimento dei contributi e uniformità contributive. «Stavolta abbiamo cercalo di essere chiari con tutti — avverte Camporese —. Mettiamo sul tavolo le nostre proposte e il voto di due milioni di iscritti e delle loro famiglie. Alla politica decidere come e se rispondere». Magari non in tempi biblici.
Il Sole 24 Ore – 4 febbraio 2013