I responsabili della Riserva alpina di caccia sono preoccupati dopo l’ultima aggressione a un capriolo, che poi è morto. Molti hanno un padrone ma vivono in libertà, e possono diventare un problema anche per gli escursionisti
Non ce l’ha fatta a sopravvivere il capriolo di un anno, aggredito una settimana fa da due cani randagi a Laorno, nei pressi di Grietz di Bosco Chiesanuova. Era stato salvato da un residente che aveva assistito all’inseguimento del giovane maschio che fuggiva dalle bocche spalancate di due pastori tedeschi molto aggressivi. L’uomo stesso è riuscito con non poche difficoltà a liberare la preda indifesa, avventandosi contro con il trattore che stava guidando: solo così ha potuto allontanare gli aggressori, grazie alla fortuna di trovarsi in uno spazio aperto. «Un nostro associato ci ha avvertiti di quanto aveva visto», fa sapere Massimo Sauro, presidente della Riserva alpina di caccia di Bosco, «e ci siamo messi in contatto prima con la polizia provinciale e poi con Verdeblù, la onlus che gestisce il Centro recupero per animali selvatici di Castel d’Azzano. I volontari sono arrivati in mezz’ora e li abbiamo aiutati a caricare sul mezzo il capriolo per trasferirlo nel centro dove sottoporlo alle analisi e alle cure. «Purtroppo l’esemplare era molto debole ed è morto un paio di giorni dopo il ricovero», riferisce il direttore Fabrizio Croci, «Abbiamo fondi appena sufficienti per accudire e curare gli animali vivi e non possiamo investire nelle autopsie sulle cause di morte e quindi non sappiamo a cosa sia dovuto il decesso del capriolo, però è evidente che l’inseguimento dei cani è stato fatale». «Siamo preoccupati per quello che sta succedendo a causa di cani randagi», aggiunge Sauro, che con il suo vice Renzo Massella e Manuel Leso, consigliere comunale e rappresentante della Comunità montana all’interno della Riserva di caccia d Bosco, vuole sensibilizzare l’opinione pubblica e gli enti preposti sul problema. «Non è questione di temere di trovarci con scarsità di selvaggina a causa delle aggressioni dei randagi alla fauna selvatica», precisano i tre associati, membri del direttivo della Riserva alpina, «ma denunciamo il pericolo anche per escursionisti e camminatori, che rischia di diventare un problema di sicurezza non potendo prevedere la reazione di questi cani. Non più tardi di domenica scorsa ci è stata segnalata la presenza dei due cani vicino a una malga e quando siamo stati sul posto ci hanno abbaiato contro. Se ci fosse stata una famiglia con bambini piccoli non sarebbe stato un incontro tranquillizzante». Venti giorni prima un branco di cinque caprioli era stato visto fuggire inseguito da due cani a Malga Vigna nei pressi di Tinazzo: «Sono almeno una ventina i capi di selvaggina che si perdono durante l’anno a causa dell’aggressività di questi cani», dicono Sauro, Leso e Massella, «che distinguiamo in randagi se sono da lungo tempo abbandonati e in vaganti, se hanno dei proprietari che li hanno iscritti all’anagrafe, ma non li custodiscono». «Serve più informazione e sensibilizzazione su questa realtà», denunciano i cacciatori della Riserva alpina, che hanno promosso anche un esposto ai carabinieri di Bosco Chiesanuova sull’episodio, «e da tempo segnaliamo il problema agli enti preposti al controllo per convincerli che è orami tempo di passare ai fatti». Con questo intendono anche dichiararsi disponibili per collaborare alla cattura con apposite gabbie-trappola degli esemplari vaganti. «Gli animali non identificati vanno portati al canile e quelli provvisti di microchip consegnati ai proprietari dopo il pagamento della sanzione. Crediamo che su questo ci sia l’unanimità dal mondo venatorio a quello ambientalista e animalista», concludono i cacciatori con una raccomandazione agli escursionisti: «Non toccate i piccoli di capriolo che doveste incontrare casualmente: nella maggior parte dei casi non sono abbandonati e avvicinarsi lasciando traccia della propria presenza può sì determinare l’abbandono da parte della madre. Se ci fossero dei dubbi che siano feriti o sofferenti basta segnalare il ritrovamento alla polizia provinciale, al Corpo forestale o al guardaparco. La fauna selvatica è un patrimonio di grande valore che va gestito da mani esperte».
L’Arena – 7 aprile 2012