La «spending review» introduce un tariffario di riferimento unico per beni e servizi non sanitari che dovrà essere applicato da tutte le aziende. Fissato il tetto massimo di spesa per lavanderia, pulizie e pasti. «Dovremo stare sotto 11,57 euro, noi oggi ne spendiamo 11,30», osserva l’Azienda
Una cucina per i pasti in ospedale Il pasto di un degente? Non dovrà costare più di 9,40 euro, 11,57 se è prevista la scelta del menù. Il pasto in mensa di un dipendente, invece, non dovrà costare più di 4,95 euro. Ecco due prezzi di riferimento individuati, su mandato del governo, dall’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture (Avcp), con l’obiettivo d’intervenire su una serie di voci di spesa (dai dispositivi medici ai principi attivi, dal servizio di ristorazione a quelli di pulizia e di lavanderia) che valgono circa 35 miliardi, ovvero il 30% del Fondo sanitario nazionale. Il sottotitolo dell’operazione, va da sè, è tagliare, tagliare e ancora tagliare. La tabella pubblicata in questa pagina aiuta a comprendere di cosa stiamo parlando. Più di 14 milioni di euro spesi per riscaldare gli ospedali di Borgo Trento e Borgo Roma, quasi un milione per smaltire i rifiuti (normali, non speciali). Cinque milioni e mezzo di euro per lavare, sterilizzare e stirare i camici di medici, infermieri e ausiliari e la biancheria usata dai pazienti.
Somme enormi che di anno in anno crescono vertiginosamente. Per questo il governo Monti ha chiesto un tariffario di riferimento, per evitare discrepanze assurde. Osserva l’Avcp al termine del suo lavoro: «una siringa può costare da 3 a 65 centesimi e il prezzo di una protesi all’anca può variare da 284 a 2.575 euro da un’Ulss all’altra. Discorso analogo per gli inserti di tibia, che servono per ridare mobilità al ginocchio: in questo caso si pagano da 199 euro fino a 2.479 euro, 12 volte in più». Analisi conclusiva che Giuseppina Montolli, direttore amministrativo dell’Azienda universitaria ospedaliera, invita a maneggiare con cura. «Bisogna fare molta attenzione, quando si afferma che una siringa deve costare 0,03 euro, senza specificare di quale siringa stiamo parlando. In ospedale noi usiamo 15 tipologie di siringhe, dai costi ovviamente diversi». «L’Osservatorio dei prezzi costituisce comunque un passo importante», commenta Montolli, «ma per essere efficace dev’essere ben calibrato. La scelta dei mega appalti per contenere la spesa non sempre è la migliore, a mio avviso. In Veneto, nello specifico, abbiamo visto com’è andata a finire la vicenda dall’appalto unico per la copertura assicurativa obbligatoria degli ospedali. E poi trovo giusto, in tempi di crisi, dare possibilità anche alle imprese locali». Ma se il tariffario di riferimento entrasse in vigore domani, in che situazione si troverebbe l’Azienda ospedaliera? Partiamo dalla spesa farmaceutica. «Gli acquisti, già da diversi anni», risponde il direttore Montolli, «vengono fatti con gare regionali direttamente dalla Regione e i risultati sono molto positivi». Ristorazione: «I nostri menù ospedalieri sono su prenotazione e ci costano 11,30 euro, per cui rientriamo nelle nuove tabelle. Siamo fuori, invece, per i pasti dei dipendenti: ci costano 5,14 euro, la somma indicata è 4,95. Parliamo di una gara di evidenza pubblica: con quali strumenti potremo eventualmente chiedere di modificarla o di chiuderla?». Servizio lavanderia: «Siamo molto più alti rispetto alla somma indicata, 8,98 euro a giornata di degenza anzichè 3,50, ma l’appalto prevede anche la pulizia di materassi e guanciali». Per il riscaldamento spendete un sacco di milioni. «È una voce consistente, in effetti. Nel 2015, quando scadrà il contratto di gestione delle centrali termiche, bisognerà fare scelte oculate».
L’Arena – 4 luglio 2012