Troppe galline nel pollaio. Non era un problema per i galli, considerato che si trattava di un allevamento di ovaiole, ma solo di spazio. Troppe, circa nove mila in più di quelle che avrebbero potuto vivere secondo gli standard di legge. Una disavventura che per un avicoltore ieri si è conclusa con un’assoluzione perché comunque la violazione che lo fece finire sotto indagine e a processo – non c’è più. Reato depenalizzato.
E il gup Giuliana Franciosi ha deciso di assolverlo perché il «fatto non è più previsto dalla legge come reato», non accogliendo la tesi della difesa che aveva chiesto la formula più ampia, ovvero perché il fatto non sussiste. In realtà l’avicoltore (Chiara Palombo il suo legale) nel 2013 aveva chiesto l’ampliamento del capannone nel quale avrebbero trovato spazio 81.500 ovaiole. Presentò la dichiarazione e il progetto solo che i professionisti che si occuparono della vicenda riportarono un numero inferiore di galline: 72mila animali esclusa la parte adibita a nido. Anche quella rientrava nello spazio che avrebbe potuto essere occupato dalle bestiole e quindi la superficie era in regola per contenere le novemila «di troppo». Quando i tecnici dell’Arpav, progetto alla mano, effettuarono l’ispezione, rilevarono che non c’era congruenza tra la domanda di ampliamento e il numero delle galline. In realtà la parte adibita a nido, e quindi alla cova, rientrava nel capannone ma non fu conteggiata e nonostante la relazione dell’Ulss 22 nella quale si dava atto che la struttura avrebbe potuto contenere, regolarmente, 81.500 pennuti, la notizia di reato arrivò in procura. La depenalizzazione ha cancellato tutto. Ma l’avicoltore era in regola comunque.
L’Arena – 3 marzo 2016