Cliente sotto processo, una dipendente sua complice nella trappola. In aula la sfilata dei testimoni
Quei tutt’altro che invitanti vermi, tra le foglie del piatto d’insalata che le era appena stato servito al tavolo, c’erano davvero. Peccato però che, secondo la ricostruzione delineata dalla procura scaligera, ad aggiungerli deliberatamente tra gli ingredienti di quella che avrebbe dovuto essere la pietanza più salutare preparata nel locale, sarebbe stata una dipendente. Quest’ultima, in base all’accusa, avrebbe infatti inserito «del tutto intenzionalmente» quei repellenti vermi all’interno del piatto di verdura cruda ordinato da una cliente che, poi, avrebbe a sua volta tentato di estorcere quasi cinquemila euro (nel capo d’imputazione, per l’esattezza, la cifra viene quantificata in 4.500 euro) al gestore dell’esercizio teatro della tuttaltro che succulenta scoperta: il McDonald’s di Peschiera del Garda.
Ma c’è di più perché, stando sempre alla tesi del pm, le presunte dipendente «infedele» e cliente «furbetta» – le cui iniziali sono rispettivamente B. R. e R. E. – avrebbero agito in totale e premeditata comunione d’intenti. Un particolare, quest’ultimo, rafforzato da quanto emerso al secondo piano dell’ex Mastino, nel corso dell’udienza dibattimentale che si è tenuta di fronte al giudice Marzio Bruno Guidorizzi: difese dagli avvocati di fiducia Maurizio Milan ed Alessandra Cuomo, le due donne – da quanto hanno deposto alcuni dei testimoni citati in aula prima dall’accusa (a rappresentarla c’era il pubblico ministero Giorgia Bonini) e poi dalle difese – si conoscevano da tempo, grazie anche al rapporto d’amicizia tra le rispettive figlia e nipote. Non solo, perché tra gli elementi contestati dalla procura risultano anche i tabulati che comproverebbero le molteplici telefonate intercorse tra le due. Entrambe, adesso, si trovano chiamate a rispondere dell’ipotesi di reato di estorsione in concorso ai danni del gestore (B. R., le due iniziali) del McDonald’s di Peschiera del Garda: costituito parte civile con l’avvocato Katia Gaspari per ottenere il risarcimento dei danni subìti, ha comunicato al giudice l’esistenza di una trattativa per perfezionare con le imputate un accordo extragiudiziale.
Secondo la procura, il 12 maggio 2012 sarebbe stata appunto la dipendente (che in seguito a questo episodio è stata prima trasferita dalla catena di fast-food ad altra sede e, successivamente, è uscita dall’organico McDonald’s) a posizionare quei vermi niente affatto accattivanti nel piatto d’insalata incriminato: tanto che, a dimostrarlo, sarebbero anche le immagini delle telecamere interne dove viene ripresa mentre entra ed esce dalla cella frigorifera del locale. Quindi, sarebbe entrata in «azione» la cliente che, dopo la disgustosa scoperta e aver lasciato il Mac, avrebbe telefonato al gestore concordando un incontro in un bar di Sona dove avrebbe minacciato di denunciarlo se non le avesse dato 5mila euro (poi ridotti a 4.500 euro). Dopo aver finto di accettare, l’uomo avrebbe raccontato tutto ai carabinieri che si sarebbero presentati all’incontro cogliendo sul fatto e denunciando all’istante la presunta cliente «furbetta ». A scrivere la prossima voce del «menu», adesso, sarà il giudice. Laura Tedesco
28 marzo 2013 – Corriere del Veneto