Il centro di riabilitazione di Marzana taglia ricoveri e prestazioni perché ha esaurito il budget annuale previsto dalla Regione. La portavoce dei dipendenti: «La riorganizzazione interna non basta, salteranno posti di lavoro. Ma i veronesi ci apprezzano»
Meno ospedale, più territorio, inteso anche – anzi soprattutto – come servizi di riabilitazione e lungodegenza, inderogabili per rispondere alla domanda di assistenza di una popolazione sempre più anziana. È scritto anche nel Piano sociosanitario da pochi giorni licenziato dal consiglio regionale, ma la realtà – come spesso accade – è di altra natura. Come sperimentano sulla propria pelle i pazienti dimessi da un reparto di Ortopedia dopo una frattura al femore o un’artroprotesi; quelli che sono reduci da problematiche cardiologiche o neurologiche. Persone che una volta dimesse devono veder concretizzato il percorso delle cosiddette “dimissioni protette”, perché in caso contrario il recupero (funzionale o neurocognitivo) potrebbe essere parziale.
POCA DISPONIBILITÀ. Fare questo tipo di riabilitazione è un’impresa, oggi a Verona. Pochi i posti dedicati : 22 nell’ambito della Riabilitazione in area critica all’ospedale di Borgo Trento, che segue tra gli altri donne mastectomizzate e soggetti con deficit respiratorie. C’è la Riabilitazione vascolare (12 letti) e infine il Dipartimento riabilitativo di Marzana, cui si accede previa visita fisiatrica richiesta dal medico di famiglia. Tempi di attesa? Meglio lasciar perdere.
ARRIVA IL PRIVATO. A fronte della carenza di offerta, si è presentato sul mercato il Centro riabilitativo veronese – una costola della Casa di cura San Francesco – che dal 2007 occupa spazi dell’ex ospedale di Marzana e offre medicina fisica e riabilitativa attraverso il ricovero ordinario e prestazioni specialistiche ambulatoriali e di diagnostica sia a carico del Servizio sanitario nazionale (è accreditato) sia in regime di libera professione. Il centro nel tempo è diventato un punto di riferimento per molti reparti di Ortopedia e la Stroke unit dell’Azienda ospedaliera.
LAVORATE MENO. Un centro che ha superato a pieni voti l’esame di valutazione di una specifica commissione regionale, ma che adesso la stessa Regione mette nelle condizioni di lavorare meno (e quindi rifiutare i pazienti) perché non ci sono più soldi. Una situazione paradossale di cui si fa portavoce la dottoressa Raffaella Fasson, autorizzata dai colleghi (80 dipendenti in tutto, fra medici, fisioterapisti e logopedisti) a verbalizzare «il loro disagio nel dover rifiutare l’accettazione di pazienti, per il solo motivo che è esaurito il budget annuale previsto dalla Regione». «La nostra direzione ha comunque deciso di sfidare la sorte», aggiunge la dottoressa Fasson, «procedendo a una riorganizzazione dei servizi, ma all’orizzonte si profilano ulteriori tagli, anche di personale. Ci rendiamo conto delle difficoltà del momento, ma se riorganizzazione dev’essere, che almeno venga fatta in base al merito, anche nel pubblico. È umiliante sapere dai servizi televisivi che nel pubblico ci sono “furbetti” intoccabili, mentre nel privato – per quanto convenzionato e accreditato – si deve mandare a casa personale qualificato che oltretutto risulta essere apprezzato dalla Regione e dagli stessi pazienti. Se tagli debbono essere ce ne faremo una ragione, purchè tutti vengano trattati alla stessa maniera».
CACCIA AGLI SPRECHI. I dipendenti del Crv sono convinti che prima di tagliare la regione dovrebbe eliminare gli sprechi. La dottoressa Fasson cita un esempio: «Da tre anni il Centro ha chiesto di poter inglobare il padiglione 3/B di Marzana, che da solo costa alla collettività 100.000 euro di riscaldamento l’anno. Il nostro Centro, che si estende su una superficie cinque volte quella del padiglione, costa 25.000 euro di riscaldamento l’anno. Questa sì che sarebbe efficienza, ma non abbiamo avuto risposta. Così come è caduta nel vuoto la richiesta di ampliare la palestra e poter quindi seguire meglio i nostri pazienti». Per sensibilizzare la cittadinanza e la politica, i dipendenti del Crv hanno coinvolto il Tribunale del malato e i sindacati.
L’Arena – 24 giugno 2012