Mucche, conigli, maiali e capre erano allevati in spazi strettissimi e in pessime condizioni igieniche Scatta la denuncia al magistrato
La visione di animali tenuti in condizioni pietose ha lasciato sgomenti gli agenti del Corpo Forestale dello Stato di Verona diretti dal comandante Paolo Guidi, e il personale di Polizia giudiziaria della Procura della Repubblica che si sono presentati in due aziende agricole a Caprino e Marano. Già all’arrivo in una di queste, erano rimasti senza parole vedendo letteralmente bruciato un appezzamento di bosco a causa del ristagno di liquami di una concimaia che scaricava direttamene nel vajo da anni e i cani che si sono fatti incontro erano l’immagine della malnutrizione e dell’incuria. Nelle due aziende gli agenti hanno verbalizzato una serie di infrazioni, alcune configurabili anche come reati a danno di animali, per le condizioni in cui erano tenuti dai titolari degli allevamenti. C’erano conigli, chiusi fino a una dozzina in gabbie anguste; un vitellino di poche settimane sdraiato in un box di cemento e legato a terra per il collo con una catena non più lunga di un metro; pecore e capre riparate da un telo di plastica sistemato sopra gli archi portanti di una serra; giovani manze tenute in uno spazio ristretto, con fondo impregnato di deiezioni e chiuso da una rete elettrosaldata e con pericolosi spuntoni di ferro all’altezza del muso e degli occhi; promiscuità di presenze di ovicaprini e bovini sotto lo stesso riparo, sempre realizzato con una nailon e la struttura portante di una serra; suini ammassati sul cemento senza un letto di paglia e aggrappati con i musi alla porta che dava sull’esterno dove potevano attendersi solo uno spazio melmoso in cui affondare fino a metà zampe. «L’intervento su queste due aziende e su altre sulle quali stiamo lavorando è partito a seguito di esposti inoltrati dalle associazioni di tutela degli animali (in particolare dalla Lega anti vivisezione di Verona) ma anche da privati cittadini», informa Susanna Manfrin, responsabile del Nucleo investigativo del Corpo Forestale dello Stato, «e sulla scorta di questo abbiamo avviato controlli controlli nelle aziende agricole del Veronese per la repressione dei reati in danno di animali e dell’ambiente». «In genere ci occupiamo di animali di affezione o di controlli sulle specie in via di estinzione per le quali esiste un nucleo specializzato, ma abbiamo deciso di partire in modo più meditato non più solo su segnalazione, ma anche con verifiche di routine», aggiunge Manfrin, osservando che «si tratta di materia che fa parte delle nostre competenze assieme a quello dei controlli sull’agroalimentare, sulla tutela del paesaggio, sull’inquinamento ambientale e l’abbandono di rifiuti. Riferisce di aver riscontrato finora realtà molto pesanti, ma anche risolvibili, perché molti allevatori hanno collaborato volentieri per attuare tutte le misure suggerite per il benessere animale. Nelle due aziende agricole controllate a Marano e Caprino sono state contestate violazioni ambientali connesse allo stoccaggio delle deiezioni animali su terreno nudo in violazione alla normativa della gestione rifiuti, «perché i percolamenti delle concimaie sui terreni potrebbero costituire pericolo anche di inquinamento della falda acquifera e in uno dei due casi c’è stato anche un palese deturpamento di zona boscata sottoposta a vincolo paesaggistico», nota la responsabile del Nucleo investigativo della Forestale. Per gli animali d’allevamento, ad entrambi i titolari delle aziende è stato verbalizzato il reato previsto dall’articolo 727 del Codice penale in danno di vitellini, conigli, suini, avicoli, capre e bovini. La Forestale ha contestato infatti la mancanza di ripari idonei a garantirne la coibentazione dal caldo e dal freddo, insicuri dal punto di vista igienico-strutturale, con aree di stabulazione interessate dal ristagno permanente delle deiezioni, recinti costruiti con materiali di fortuna e pericolosi, l’assenza di libera disponibilità di acqua e cibo, l’utilizzo di sistemi di costrizione (come la catena) non corretti. Non si è proceduto al sequestro vista la disponibilità dei proprietari di vendere in poche settimane i capi ad altri allevatori e di tenerne per sé un numero inferiore sistemandoli in ricoveri adeguati. Sono state interessate le pubbliche amministrazioni (Servizi veterinari delle Ulss e sindaci). D’ufficio procede comunque la denuncia penale e sarà ora il magistrato a decidere secondo la gravità del caso. «I controlli continueranno anche d’inverno», assicura Paolo Guidi, «momento in cui l’insufficienza strutturale dei ricoveri degli animali li espone a maggiori sofferenze fisiche. L’azione ha scopo preventivo e ci aspettiamo la collaborazione degli allevatori».
L’Arena – 30 settembre 2013