L’agroalimentare torna ad essere il settore principale per lo sviluppo della pianura veronese, un’area di 41 comuni che si estendono dalla porte di Verona fino ai confini delle province di Vicenza, Padova e Rovigo.
Del futuro del settore primario, delle strategie e dei mezzi da utilizzare per combattere la crisi economica, si è parlato discusso venerdì 27 aprile al castello di Bevilacqua, nella tavola rotonda promossa dall’Apindustria di Legnago dal titolo «L’agroalimentare nella pianura veronese». Moderato da Enzo Gambin (direttore dell’Aipo di Verona), l’appuntamento ha visto alternarsi alcuni imprenditori ed esponenti di istituzioni della filiera agroalimentare: da Claudio Valente (vicepresidente di Veronafiere) a Gian Antonio Visentin (presidente Consorzio Prosciutto Veneto Berico Euganeo doc), da Carlo Vicentini (macellazione) a Lorenzo Ambrosi (consorzio Radicchio di Verona) a Giorgio Sambugaro (ad di Napoleon di Arcole, ingrosso ortofrutta). Lorenzo Bossi, referente di Apindustria per la zona di Legnago, ha aperto i lavori sottolineando come la pianura veronese non sia fatta solo «dal settore del mobile e quello della meccanica, ma anche dal mondo alimentare». A sottolineare l’importanza dell’agroalimentare della Bassa scaligera è stato Valente. «La Produzione lorda vendibile (Plv) stimata al ribasso nella pianura veronese si aggira attorno ai 600 milioni di euro», ha spiegato il vicepresidente di Veronafiere, «ma l’indotto rispetto a questo dato è triplicato, quindi possiamo parlare di 1,5 miliardi di euro di ricchezza presenti in questo territorio. Per il futuro dobbiamo imparare ad allearci con la grande distribuzione non a vederla come un nemico». Andando a vedere i dati della Plv nella pianura veronese scopriamo che nel 2011 ci sono state: produzione seminative per 73,6 milioni, orticole 114 milioni, fruttifere 72 milioni, funghi 4,9 milioni, vivai e sementi 9,6 milioni, fiori e piante ornamentali 11 milioni, vite 18,9 milioni, per un totale di produzioni vegetali di 305 milioni. Dalle produzioni animali arrivano invece: bovini da carne per 77,8 milioni, suini 40,4 milioni, avicoli 115,9 milioni, conigli 5 milioni, bovini da latte 46,1 milioni per complessivi 380 milioni. Il Plv della pianura veronese sommando produzioni vegetali e animali ammonta quindi a 613 milioni. Visentin ha sottolineato ilruolo del prosciutto veneto berico euganeo Dop, il cui consorzio è nato nel 1971 e dislocato in 15 Comuni con 11 prosciuttifici che producono gni anno tra le 80 e 90 mila coscie di prosciutto con il marchio Dop. Sempre per il settore carne ha parlato anche Carlo Vicentini, amministratore delegato della «Vicentini spa», azienda di macellazione con circa 48 mila capi macellati all’anno e 80 milioni di fatturato. «Nella pianura veronese esistono molte imprese agricole ben strutturate, moderne e competitive che stanno fronteggiando bene la crisi economica», ha detto Lorenzo Ambrosi, presidente del Consorzio di tutela del radicchio di Verona Igp. «Certificare i propri prodotti con dop e igp è importante perché né assicura la qualità anche se poi c’è un aumento dei costi del prodotto del 20 %, rispetto al prodotto non certificato». Per Sambugaro «la ripresa deve passare attraverso azioni capaci di programmare la produzione e la commercializzazione, instaurando un rapporto produttivo con la grande distribuzione organizzata». Ha concluso i lavori Giovanni Rana
L’Arena – 3 maggio 2012