Nuovo passaggio in Consiglio dei ministri per il decreto «Semplifica Italia». Il testo approvato venerdì scorso e corretto in sede di coordinamento tecnico nei giorni scorsi, dovrà affrontare un nuovo esame soprattutto per le novità e i cambiamenti decisi sull’ultima parte dell’articolato, in materia di scuola e università.
Come anticipato sul Sole 24 Ore di ieri, complici le obiezioni dell’Economia, alla fine s’è optato per una versione più soft sull’autonomia scolastica rispetto all’ipotesi di partenza, che prevedeva la sostituzione degli organici di diritto e di fatto oggi esistenti con un nuovo «organico funzionale», per non dire della maggiore autonomia di budget ipotizzata per gli istituti. Stando alle anticipazioni dei tecnici nella versione corretta del testo, che ora torna in Cdm, su organico funzionale, autonomia di budget e reti scolastiche è stato deciso di salvare nel decreto i soli principi, rinviando per la loro codificazione a delle successive linee guida, da emanarsi entro 6o giorni con un decreto interministeriale.
A parte questa disposizione, nella versione definitiva del provvedimento, alla voce istruzione, si dovrebbero trovare solo il piano per il risparmio energetico, il nuovo programma di edilizia scolastica, il potenziamento del sistema di valutazione affidato all’Invalsi e la riorganizzazione dei principi che devono governare la gestione degli Istituti tecnici superiori (Its). Ma anche qui, almeno fmo a ieri, era aperto un piccolo braccio di ferro sul «voto ponderale» nelle fondazioni che gestiscono gli Its. Una misura che piace alle imprese ma un po’ meno al Mef. Si vedrà, su questo e sugli altri argomenti oggetto di correzioni, quale sarà alla fine la decisione del Consiglio dei ministri. Già certo, invece, è che sarà più facile aprire le multisale cinematografiche fmo a 3mila posti: non sarà, infatti, più necessaria l’autorizzazione che fmo al 2005 veniva rilasciata dal ministero dei Beni culturali e in seguito dalle Regioni, seppure in una situazione poco chiara da un punto di vista normativo. Nel decreto, infatti, è stata inserita la cancellazione di quell’obbligo. Lo ha confermato ieri nel corso dell’audizione in commissione Cultura della Camera, il ministro dei Beni culturali, Lorenzo Ornaghi. La scomparsa dell’adempimento, che però ha già suscitato reazioni contrastanti da parte degli operatori del settore, nasce anche per sanare un vuoto normativo che si era venuto a creare nel 2005 dopo un intervento della Corte costituzionale. La Consulta aveva, infatti, cassato il comma 5 dell’articolo 22 del decreto legislativo 28 del 2024, il quale prevedeva che fosse il ministero dei Beni culturali a rilasciare l’autorizzazione per l’apertura di sale cinematografiche con più di i.800 posti. Secondo la Corte quella norma si scontrava con il potere regionale di intervenire in materia urbanistico-residenziale. Non tutte le regioni hanno, però, disciplinato la materia e così in questi anni si è verificata in molti casi una situazione di stallo, in cui non si capiva bene chi dovesse essere a rilasciare il via libera. «Abbiamo così voluto semplificare- spiega Paolo Carpentieri, capo dell’ufficio legislativo dei Beni culturali- eliminando l’autorizzazione per le sale fino a 3mila posti. Anche perché quello in questione era solo uno dei diversi lasciapassare previsti per chi vuole aprire un cinema: le varie autorizzazioni co- munali, quella dei vigili del fuoco e delle autorità di pubblica sicurezza restano». Sul fronte dei beni culturali, quella sul cinema si va ad aggiungere alle semplificazioni di cui già si aveva notizia: la norma sulle sponsorizzazioni, quella per velocizzare l’iter di riconoscimento di interesse culturale degli immobili pubblici destinati alla dismissione, lo snellimento dell’autorizzazione paesaggistica per gli interventi di lieve entità (si veda Il Sole 24 Ore di lunedì scorso).
Il Sole 24 Ore – 2 febbraio 2012