Ladri e corrotti, un’altra battaglia vinta dal veneziano Andrea Franzoso: ieri il Senato ha approvato il disegno di legge che tutela chi denuncia il malaffare, i «whistleblower» dall’inglese «suonatori di fischietto», chi spiffera. Testimonial e ispiratore è proprio Franzoso, che smascherò nel 2015 le ruberie a Ferrovie Nord. Un’accelerazione all’iter l’ha data anche il suo libro, uscito la settimana scorsa Il Disobbediente (PaperFirst editore) , in cui svela tutti i retroscena della vicenda, che ha portato a processo per truffa aggravata e peculato l’ex presidente di Ferrovie Nord Norberto Achille e il suo «cerchio magico». Una denuncia che Franzoso, all’epoca dipendente di Ferrovie Nord, ha pagato prima con il vuoto intorno a lui, poi con la perdita del lavoro. Adesso, la rivincita: questa legge (a cui manca solo l’ultimo passaggio formale alla Camera in novembre), riconoscimenti pubblici (l’ha voluto incontrare anche il presidente Grasso) e ora un nuovo lavoro.
Dopo il clamore suscitato dall’uscita del libro sulla sua storia, le hanno offerto un lavoro?
«La mia è una favola a lieto fine – rivela Franzoso – . Ho trovato proprio in questi giorni il lavoro dei miei sogni. Mi hanno proposto di fare l’autore televisivo per la nuova piattaforma televisiva «Loft» che Il Fatto Quotidiano avvierà entro l’anno. Un format che produrrà contenuti e storie di denuncia anche per altre tivù. La mia vicenda dimostra che se si è disposti a rischiare, alla fine, qualcosa di buono arriva. È il senso della serendipity: la felicità di trovare cose positive mentre se ne stanno cercando altre»
Il Senato ha approvato la legge che tutela chi denuncia i corrotti, prima firmataria la parlamentare veneta del Movimento 5 Stelle Francesca Businarolo di Verona. Un ddl nato sulla scia del suo caso. È una buona legge?
«Sì, è una buonissima notizia. Ero molto preoccupato che slittasse ancora, si era arenata in Senato e rischiava di non vedere la luce entro questa legislatura. Il lato migliore della legge è che offre garanzie concrete a chi denuncia e ci mette la faccia, come me che ho presentato ai carabinieri un esposto firmato con nome e cognome. Qualche lacuna c’è, ad esempio non è passata la parte che prevedeva un fondo a sostegno delle spese legali di chi denuncia… Ma c’è però il capitolo che vieta ai datori di lavoro di licenziare, demansionare o trasferire chi denuncia, come è successo a me, trasferito in un ufficio inutile in cui non avevo nulla da fare, fino a che sono stato costretto a lasciare. C’è però anche l’aspetto culturale che deve cambiare: non esiste legge che vieta di togliere il saluto, isolare, dare uno stigma negativo a chi ha denunciato, quello sta alla coscienza dei singoli»
Quando lavorava a Ferrovie Nord, ha scoperto che il presidente utilizzava i fondi pubblici, quasi 500mila euro, per shopping, auto costose, vacanze, regali a politici. Ha raccolto prove e consegnato tutto nelle mani dei carabinieri. A che punto è oggi il processo?
«Il 24 ottobre ci sarà la sentenza, il pm ha chiesto per Norberto Achille una condanna di 2 anni e 8 mesi, lui ha ammesso tutto, ha confessato di avere rubato. Per me dopo la denuncia non è stato un periodo facile, ma rifarei tutto. Chi vede e tace, svendendo così la propria coscienza per la carriera o in cambio della sicurezza del posto di lavoro, non ha fiducia nel proprio valore. Ho salvato la mia coscienza e vivo felice. Il Veneto è terra di onesti, il primo “whistleblower” della storia è stato un veneziano, Cristiano Lobbia che nel 1869 denunciò al Parlamento di Firenze, la cessione a faccendieri della Regia Tabacchi»
Cos’è successo a lei sul lavoro dopo la denuncia?
«Prima mi hanno offerto soldi per andarmene… ma non potevano licenziarmi perché il mio lavoro l’ho sempre fatto bene, non ho scheletri nell’armadio e non avevano appigli a cui attaccarsi. Di fatto isolandomi mi hanno messo nelle condizioni di lasciare. Dopo l’uscita del libro mi sono arrivati migliaia di messaggi e mail, spero che in tanti decidano di agire per cambiare le cose»
Una storia come la sua sembra già una perfetta sceneggiatura da film, ha avuto proposte dal cinema?
«Di questo non posso parlare, non adesso. Anzi, cancelli proprio questa domanda»
Francesca Visentin – IL Corriere del Veneto – 19 ottobre 2017
Whistleblowing. Via libera al Senato al ddl che tutela chi denuncia la corruzione nella PA
L’Assemblea del Senato ha ieri approvato con 142 voti favorevoli, 61 contrari e 32 astenuti, il disegno di legge in materia di segnalazioni di reati o irregolarità nel lavoro pubblico o privato (Whistleblowing). Il provvedimento torna ora alla Camera dei deputati.
Il provvedimento, approvato in prima lettura dalla Camera nel gennaio 2016, affronta il tema della tutela dei lavoratori, pubblici o privati, che segnalino o denuncino reati o altre condotte illecite di cui siano venuti a conoscenzanell’ambito del proprio rapporto di lavoro.
L’articolo 1 modifica l’attuale disciplina in materia relativa ai lavoratori pubblici, mentre l’articolo 2 concerne i lavoratori del settore privato. Rispetto all’attuale normativa per i lavoratori pubblici, le novelle di cui all’articolo 1 confermano il principio di tutela – in base al quale l’autore della segnalazione o denuncia non può essere sottoposto a misure (determinate dalla segnalazione o denuncia) aventi effetti negativi, diretti o indiretti, sulle condizioni di lavoro – e presentano le seguenti modifiche ed integrazioni:
– sotto il profilo oggettivo, si specifica che l’ambito di applicazione riguarda le segnalazioni o denunce effettuate nell’interesse dell’integrità della pubblica amministrazione. Una modifica approvata dalla 1a Commissione del Senato ha soppresso il requisito della buona fede dell’autore della segnalazione o denuncia, requisito previsto dal testo trasmesso dalla Camera. Quest’ultimo definiva, ai fini in oggetto, la buona fede come la ragionevole convinzione, fondata su elementi di fatto, che la condotta illecita si fosse verificata e prevedeva che la buona fede fosse, in ogni caso, esclusa qualora il segnalante avesse agito con colpa grave;
– riguardo ai possibili soggetti destinatari della segnalazione, si sostituisce il riferimento al “superiore gerarchico” con quello del responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza. Resta ferma l’ipotesi di segnalazione all’Anac o di denuncia all’autorità giudiziaria ordinaria o contabile;
– in merito al principio di tutela, si prevede che l’adozione di misure ritenute ritorsive sia comunicata in ogni caso all’Anac, da parte dell’interessato o delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative e che l’Anac informi il Dipartimento della funzione pubblica o gli altri organismi di garanzia o di disciplina, per le attività e gli eventuali provvedimenti di competenza. In merito, la norma vigente prevede, invece, che l’interessato o le suddette organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative segnalino le misure (ritenute discriminatorie) al Dipartimento della funzione pubblica;
– sempre con riferimento al principio di tutela, si introduce, per il caso di adozione di una misura discriminatoria, una sanzione amministrativa pecuniaria, da 5.000 a 30.000 euro, a carico del responsabile che abbia adottato la misura, “fermi restando gli altri profili di responsabilità”. La sussistenza di una misura discriminatoria è accertata dall’Anac, che è altresì competente ad irrogare la relativa sanzione;
– con riferimento ai procedimenti disciplinari, si modifica la tutela della riservatezza circa l’identità dell’autore della segnalazione o denuncia, limitando la vigente deroga (al principio di riservatezza) relativa al caso in cui la conoscenza dell’identità sia indispensabile per la difesa dell’incolpato. La norma vigente prevede che, in tale ipotesi, l’identità possa essere rilevata. La novella richiede, invece, per la medesima fattispecie, il consenso dell’interessato alla rilevazione della propria identità e, in assenza di consenso, l’impossibilità di utilizzare la segnalazione o denuncia ai fini disciplinari;
– si inserisce la previsione che l’Anac, sentito il Garante per la protezione dei dati personali, adotti apposite linee guida, relative alle procedure per la presentazione e la gestione delle segnalazioni in oggetto. Le linee guida devono contemplare l’impiego di modalità anche informatiche e promuovere il ricorso a strumenti di crittografia, per garantire la riservatezza sia dell’identità del segnalante sia del contenuto delle segnalazioni e della relativa documentazione.
La sanzione è prevista, a carico del responsabile, in una misura compresa tra i 10.000 ed i 50.000 euro (la 1a Commissione del Senato ha così elevato i limiti minimi e massimi, che erano pari, rispettivamente, a 5.000 e 20.000 euro nel testo trasmesso dalla Camera), sia per i casi di assenza di procedure per l’inoltro e la gestione delle segnalazioni sia per i casi di adozione di procedure non conformi a quelle di cui al capoverso 5 del comma 1 articolo 1. L’accertamento di tali violazioni e l’irrogazione della sanzione sono di competenza dell’Anac.
L’articolo 2 del ddl riguarda le segnalazioni, da parte di lavoratori privati, di reati o di altre specifiche violazioni, di cui siano venuti a conoscenza nell’ambito del proprio rapporto di lavoro.
La novella di cui al capoverso 2-ter specifica che l’adozione di misure discriminatorie nei confronti dei soggetti che effettuino le segnalazioni in oggetto può essere denunciata all’Ispettorato nazionale del lavoro, per i provvedimenti di propria competenza, oltre che dal segnalante, anche dall’organizzazione sindacale indicata dal medesimo.
Il capoverso 2-quater sancisce che i licenziamenti o altre misure ritorsive o discriminatorie, adottati nei confronti del segnalante, compreso il mutamento di mansioni, sono nulli e pone a carico del datore di lavoro, per le controversie inerenti a misure organizzative aventi effetti negativi, diretti o indiretti, sulle condizioni di lavoro e successive alla presentazione della segnalazione, l’onere della prova che le medesime misure siano fondate su ragioni estranee alla segnalazione stessa.
Infine, l’articolo 3 spiega come nelle ipotesi di segnalazione o denuncia, il perseguimento dell’interesse all’integrità delle amministrazioni, pubbliche e private, nonché alla prevenzione e alla repressione delle malversazioni, costituisce giusta causa di rivelazione di notizie coperte dall’obbligo di segreto di cui agli articoli 326, 622 e 623 del codice penale e all’articolo 2105 del codice civile.
Questa disposizione non si applica nel caso in cui l’obbligo di segreto professionale gravi su chi sia venuto a conoscenza della notizia in ragione di un rapporto di consulenza professionale o di assistenza con l’ente, l’impresa o la persona fisica interessata.
Quando notizie e documenti che sono comunicati all’organo deputato a riceverli siano oggetto di segreto aziendale, professionale o d’ufficio, costituisce violazione del relativo obbligo di segreto la rivelazione con modalità eccedenti rispetto alle finalità dell’eliminazione dell’illecito e, in particolare, la rivelazione al di fuori del canale di comunicazione specificamente predisposto a tal fine.
Quotidiano sanità – 19 ottobre 2017